giovedì, Marzo 28, 2024
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A cosa serve il laboratorio di memoria storica?

La validità dei laboratori di memoria storica è stata affermata da una grande donna: la nota storica e ricercatrice Giuliana Bertacchi che ha scritto: “Rinvenire una storia dei padri, dei nonni, dei fratelli maggiori ha un profondo significato e spesso è in grado di suscitare un autentico interesse.

Ha ancora senso nel nostro mondo ipertecnologico parlare di Antico e di memoria storica? O non è meglio concentrarci su ciò che servirà nel futuro, imparando fin dalla tenera età che ciò che è passato non serve più, è …come si dice oggi? Out, si dice così. La risposta, è scontata: certo che ha senso. La mancanza di trasmissione di memoria tra le generazioni caratterizza il nostro tempo, mentre è sempre più evidente dagli studi sociologici e psicologici che è la memoria, a dare senso all’esistenza individuale, e dimensione storica alle nostre singole vite, essendo essa il tramite per la formazione dell’identità locale e nazionale.

Allora risulta importante dare strumenti agli studenti per costruire memoria.

Le interviste a personaggi che conservano informazioni preziose che non ci sono sui libri, sono preziose per rintracciare la memoria della scuola o meglio dei soggetti (docenti e studenti). La ricostruzione dei percorsi di nonni e bisnonni stimola interessanti esercizi di memoria generazionale. Tutto questo è accaduto in un primo laboratorio di memoria storica condotto   nella classe VB della scuola primaria Piaggia, dove il signor. Stefano Castellano arzillo 91enne, si è intrattenuto coi ragazzi raccontando loro degli aneddoti che hanno fatto rivivere ricordi agli adulti e restare a bocca aperta i bambini, che hanno rivolto mille domande per soddisfare la loro fervida curiosità. Gli studenti hanno riflettuto sulla memoria raccolta in relazione all’ esperienza personale di un testimone di fatti e “misfatti” della vecchia Milazzo, così da sedimentare storie passate mettendole a confronto con il presente.

La relazione tra memorie di generazioni differenti, ha fatto sì che gli allievi apprendessero le sane abitudini di vita dei nati nel 1928; un cibo fatto di legumi, poca carne, e latte portato a casa dai lattai che lo vendevano in bottiglie. Un rigore e una disciplina scolastica di allievi che mostravano rispetto ed educazione in classe. Il signor Castellano ha ricordato agli alunni che dove è stata costruita la scuola Piaggia prima c’era un circo equestre (un capannone con una pista) il cui proprietario era il sig. Fiacca e che la sua vecchia scuola elementare era ubicata in via Umberto I, dove c’era la chiesa di Santa Rita, statua custodita dentro la chiesa, che a causa di un bombardamento perse un dito della mano. La sua memoria, a dir poco sconvolgente per un 91enne, gli ha fatto ricordare anche i cognomi delle sue vecchie maestre: Sciacca, Comandè, Vento. Attraverso i suoi ricordi gli alunni hanno scoperto che esistevano a Milazzo anche il cinema Aurora e quello delle lucciole e che al bar Castelli erano esposti i cartelloni coi film che i ragazzi sarebbero andati a vedere. E poi? Anche il suo matrimonio è stata una scoperta, gli alunni hanno appreso che il secondo matrimonio celebrato alla Chiesa Madre, durante la cui costruzione morì un giovane operaio, è stato proprio il suo, nel lontano 28 febbraio 1952 (65 anni di matrimonio) con una cerimonia diversa da quella attuale, il giuramento veniva fatto in sacrestia e poi si svolgeva una breve funzione religiosa. Il signor. Castellano ha ricordato l’operato certosino dei vigili che multavano chi sporcava le vecchie strade mamertine fatte di terra battuta e che facevano tornare a casa chi giocava a pallone nelle vie, le carrozze della vecchia stazione e i vecchi giochi, come un calcio rudimentale, con una calza rubata alla mamma e ricucita con dentro della carta. E poi gli alunni hanno ascoltato il racconto di guerra, una guerra sussurrata a bassa voce e vissuta con lo sfollamento a S. Marina, S. Pietro, Gualtieri, per sfuggire alle bombe.  I ragazzi, nel corso del laboratorio hanno imparato a costruire memoria di sé e a comporre il mosaico della memoria storica, acquisendo maggiore consapevolezza del presente e della propria identità.

La magia si è ripetuta in un secondo laboratorio in cui è stato emozionante avere tra le mani foto antiche come quelle che ha portato nella classe V D della Piaggia la signora Rosalia Cento, una bella 89 enne elegante e garbata. Ascoltare i suoi racconti, le risposte fornite alle numerose domande poste dagli alunni, rivivere con lei i bei momenti dei suoi giochi di infanzia, del giorno della sua prima comunione, del legame col padre, dei suoi cibi preferiti, dei brutti ricordi di guerra, ha significato in un certo modo dare respiro a quel mondo che anche a noi adulti pare così lontano e che i bambini non conoscono e neppure immaginano. Ma quel mondo non è più in là di un paio di generazioni!  Ed allora il laboratorio di memoria, è servito a capire che c’è stata un’epoca in cui le cose avevano un valore diverso, in cui quando il padre della signora Cento in Barbera, imbarcato sulle navi da guerra, tornava da uno dei suoi tanti viaggi e portava un dono, la casa si riempiva di gioia. Come quella volta che dalla Cina portò a Rosalia e sua sorella una bambola di porcellana ed alla loro madre uno splendido Kimono. Certo, se confrontata con quella odierna, l’esistenza di allora ci appare difficilissima. Sentire dai racconti della signora che era normale mettersi in fila per comprare il pane di cui era tanto golosa, con la tessera e non solo questo ma anche la pasta, l’olio ed il sapone, sembra paradossale. Ma anche fare le esercitazioni   per l’oscuramento, spegnere le luci di sera, schermare le finestre di blu e mettere le fasce per evitare che scoppiassero i vetri a causa dei bombardamenti, sembra paradossale. Ma a quei bambini attenti in classe è parso quasi di sentire la sirena di guerra che suonava in ogni condominio ed avvertiva di correre ai ripari. Noi deriviamo da quel mondo che la signora ha raccontato, non dobbiamo dimenticarlo. Studiamo la guerra sui libri di storia, ma lei l’ha vissuta così come ha vissuto intensamente il suo grande amore, ed ha ricordato come lo ha conosciuto, come è stata corteggiata, non tramite messaggio sul cellulare ma con una “banale” lettera, scritta in un linguaggio poetico ed appassionato, d’amore appunto, quello vero. . . I nostri nonni, bisnonni, hanno vissuto una vita semplice, lontana anni luce dai lussi di oggi. Hanno costruito il nostro mondo, ci hanno permesso di essere ciò che siamo.

Noi abbiamo il dovere di raccogliere le loro testimonianze, questa preziosa eredità per trasmetterla alle generazioni che verranno. Crediamo che sapere che le bambole erano di stoffa, si costruivano ed avevano le braccia piene di paglia, possa avere un senso.

E crediamo che una foto possa servire, come quella mostrata dalla signora Cento ai bambini ,che ritraeva il porto di Taranto , una dei tanti luoghi in cui la signora  visse per seguire il padre , ed una nave vicina al porto girevole che collegava il mare grande e quello piccolo, dove i marinai che passavano dinanzi il palazzo dell’ammiraglio facevano sempre il saluto anche in sua assenza, quella grande imbarcazione della fotografia in bianco e nero, dal cui oblò il papà la salutava prima di partire. Ed ha avuto un senso stare a sentirla mentre raccontava dei suoi giochi con i tamburelli ed i cerchi nei giardini della bellissima villa Peripato a Taranto, che amava ripetere latino e greco al liceo La Farina a Messina piuttosto che essere destinata a ricamare e indossare il suo grembiule bianco col fiocco e la divisa il sabato fascista, quando era alunna negli scantinati della vecchia scuola Piaggia il cui primo nome era Rosa Maltoni Mussolini come la mamma insegnante di Benito “il duce”. E se una, due, tre foto possono servire, se un’intervista a una bisnonna, ricca di argomentazioni e dalla dialettica fluente, può gettare un piccolo seme di ricordo, se la signora ha fatto rivivere il giorno della prima comunione, il 29 giugno del 1938, quando ha inzuppato le “inciminate” nella granita limone, se ha parlato di pietanze “strane” per gli alunni; il ventre di tonno per Natale o il ragù di polpette fatto con la sugna, e tutti hanno ascoltato con attenzione, c’è un senso. E la memoria storica può far altro! Fornire speranza a tutti di poter arrivare come la bella Rosalia, a festeggiare prima le nozze d’oro, poi quelle di diamante e mirare ai 70 anni vissuti assieme al marito. Ed ancora una volta dare certezza di avere fatto una buona scuola e non una scuola alla buona, per ed assieme a quei giovani, che si è soliti definire “senza memoria”.

Prof.ssa Maria Grazia Caliri

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