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Come una tempesta…

Sembra ieri e invece è trascorso quasi un mese da quando è iniziato quello che tutti vorremmo fosse solo un brutto incubo… Era il 27 febbraio 2020 e anche il Italia scoppia la pandemia, che è partita dalla Cina ma che ha coinvolto innanzitutto il nostro paese, con il focolaio partito da Codogno, nel lodigiano, per poi estendersi nel resto dell’Europa.

Come una tempesta…

Le informazioni e i provvedimenti iniziano a viaggiare un passo indietro rispetto al virus chiamato Covid-19, che continua a mietere vittime. Tra notizie vere e fake ci troviamo però in questo momento ancora chiusi in casa nella speranza che tutto questo passi al più presto e che si riesca a tornare alla tanto bistrattata “normalità”.

Come una tempesta…

Ma cosa rimarrà nella mia mente quando tutto ciò finirà? Di certo ricorderò che lo Stato ha inizialmente sottovalutato il problema, ma ha poi messo in atto tutta una serie di procedure importanti per bloccare il contagio. Tra queste la chiusura delle scuole, dei negozi, l’ampliamento della rete sanitaria, che in questo momento è fortemente sotto pressione, il ripetere assennatamente le misure che ognuno di noi può e deve prendere, primo su tutti RESTARE A CASA. Non scorderò mai le raccomandazioni di mia madre, che fin dall’inizio ha mostrato preoccupazione per questo fenomeno, ed ancor meno scorderò che, nonostante ci credessimo un paese all’avanguardia, di fronte alla paura abbiamo avuto le stesse reazioni del 1600, quando la peste invase Milano, peste che portò la popolazione ad avere paura degli stranieri, a fare razzia dei beni di prima necessità, a cercare il “paziente zero”, ad additare gli untori, a trovare i rimedi più assurdi… Ricorderò la gioia provata nel sapere che il “paziente uno” stava meglio, nel sapere che la Cina ha teso verso di noi il suo aiuto mentre altri Stati (europei e non) sembrano non aver capito il forte momento di difficoltà che stiamo attraversando. E ricorderò anche il momento in cui stata diffusa la scoperta della cura che potrebbe aiutare le persone malate. Ma intanto non posso far altro che fare la mia parte, stare a casa, per cercare di salvare la vita, non solo a me, ma anche alle persone che amo, aspettando che questa ormai famosa “curva dei contagi” cali.

Giada De Pasquale

Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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