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COVID 19: soli davanti al contagio, ieri come oggi

Covid 19: L’11 marzo 2020 l’OMS, che in un primo momento lo aveva classificato come “epidemia”, annuncia che il Covid-19 è ufficialmente una nuova pandemia. “Pandemia”, una parola che a sentirla trasmette paura, smarrimento, senso di impotenza.

COVID-19: soli davanti al contagio, ieri come oggi

Come siamo arrivati a questo? Tutto ha avuto inizio nella città cinese di Whuan, dove è stato diagnosticato il primo caso di un coronavirus, del tutto sconosciuto e per questo chiamato Covid 19, appartenente a una grande famiglia di virus che possono causare diverse infezioni, dal comune raffreddore a malattie più gravi come la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Da un piccolo focolaio, nato nel mercato della città, nel giro di poche settimane l’infezione si è diffusa in quasi tutti i continenti.

COVID-19: soli davanti al contagio, ieri come oggi

L’Italia, secondo paese più colpito per numero di contagiati e morti, si trova oggi a dover fronteggiare un nemico più grande di essa. Ognuno di noi è stato chiamato a dare il proprio contributo per vincere la battaglia contro la malattia. Il governo, attraverso vari decreti ha varato misure straordinarie per affrontare l’emergenza covid 19. Oggi niente è come ieri, abbiamo cambiato le nostre abitudini per il bene comune. Giornalmente i media, i social e la stampa ci ricordano le regole fondamentali da seguire: lavarsi frequentemente le mani, stare ad una distanza di circa un metro da chiunque, non potersi toccare, abbracciare, darsi la mano sono diventati i pilastri fondamentali della nostra vita e sono stati riassunti nell’hashtag ormai tristemente divenuto famoso #iorestoacasa.

COVID-19: soli davanti al contagio, ieri come oggi

In verità tante sono state le difficoltà da quando tutto ha avuto inizio ed in pochi hanno veramente creduto che fosse una cosa da prendere seriamente.

COVID-19: soli davanti al contagio, ieri come oggi

Eppure non è la prima volta che un’epidemia ci colpisce, e basterebbe fare un tuffo nel passato, precisamente ai “Promessi sposi” di Manzoni o al “Decameron” di Boccaccio, che parlano di peste e di popolazioni decimate. Ma allora parchè non abbiamo imparato? Perché commettiamo sempre gli stessi errori? E cosa è successo prima che non sarebbe dovuto accadere oggi? Il territorio nazionale in questo momento è diviso e nessuno può spostarsi senza un permesso. Tuttavia uno degli eventi che più ha colpito tutti è stata la fuga dei nostri connazionali che, stabilitisi al Nord per lavoro o studio, si sono in massa, non appena avuto la notizia della chiusura delle “zone rosse”, riversate a Sud, rendendo vane le misure di contenimento varate dal Premier Conte. “Sono partiti prima della mezzanotte, nonostante le grida che proibivano di lasciare la città e minacciavano le solite pene severissime come la confisca delle case e di tutti i patrimoni. Furono molti i nobili che fuggirono da Milano per andarsi a rifugiare nei loro possedimenti in campagna” (“Promessi Sposi” – Alessandro Manzoni, peste del 1630).

COVID-19: soli davanti al contagio, ieri come oggi

Una delle principali, o meglio la principale analogia tra il recente coronavirus e la peste che colpì Milano nel 1630 è però l’avvelenamento sociale dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile, associato all’istinto atavico di quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile: quello di vederlo ovunque, di guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia o ad un potenziale aggressore. Infatti la psicosi della popolazione ha portato ad una teoria del complotto: non si parla più di salto di specie, cioè il passaggio del virus da animale a uomo, ma di un virus creato e diffuso dagli americani o dal nuovo ordine mondiale come arma di distruzione di massa per affossare le economie. È La stessa cosa si verificò nel 1600, quando si diffuse la peste nel milanese, che vide tra i cittadini il diffondersi di alcune teorie: alcuni pensavano che gli untori fossero stati mandati da Albert Von Vastein, altri dall’ex governatore Don Gonzalo per vendicarsi degli insulti ricevuti quando aveva lasciato Milano. Altri ancora sostenevano che gli untori fossero stati inviati dal cardinale Richelieu per avere la meglio nella guerra di successione al ducato di Mantova e del Monferrato. Ricordiamo inoltre che alla fine del 1629 circolava una lettera di Re Filippo IV di Spagna in cui avvisava il governatore di Milano che quattro francesi erano scappati da Madrid, sospettati di cospargere unguenti velenosi. Tutto ciò a distanza di secoli ci appare certamente ridicolo, in quanto nessuno di questi personaggi era effettivamente la causa dello scoppio dell’epidemia.

Ma ancora oggi, accanto ai commenti di video di esperti che illustrano e spiegano la situazione, troviamo spesso insinuazioni assurde di gente irresponsabile. E così torniamo di nuovo alla peste del ‘600, durante la quale il popolo ingiuriava i medici che la combattevano. Un esempio lampante è l’ottantenne Ludovico Settala, suo figlio senatore o Alessandro Tavino che, nonostante si impegnassero a fronteggiare l’epidemia, venivano accusati di essere loro a diffonderla così da poterci guadagnare. Alessandro Manzoni a conclusione del capitolo 31 de “I promessi Sposi” giudica irrazionali i comportamenti assunti dal popolo nei confronti della peste, dicendo che occorrerebbe prima osservare, poi pensare e solo dopo parlare. Tuttavia l’autore spiega anche che l’umanità è da compatire da questo punto di vista, in quanto raramente si comporta così. “Si potrebbe però, tanto nelle cose piccole, come nelle grandi, evitare, in gran parte, quel corso così lungo e così storto, prendendo il metodo proposto da tanto tempo, d’osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare. Ma parlare, questa cosa così sola, è talmente più facile di tutte quell’altre insieme, che anche noi, dico noi uomini in generale, siamo un po’ da compatire.”

22 febbraio 2020. Quattro secoli dopo arriva il Coronavirus. Muore un anziano… vabbè tanto era un vecchio. Ne muoiono altri, vabbè tanto erano già malati. Aumentano, e allora è zona rossa. Che si fa? Beh, svaligiamo i supermercati, compriamo quintali di Amuchina e chiudiamo le scuole. Inizia la quarantena? Vabbè, andiamo in vacanza a sciare, andiamo in discoteca e picchiamo gli untori cinesi. Nel frattempo i posti letto negli ospedali si riempiono, le zone rosse aumentano ed è un fuggifuggi generale. Irrazionali ieri come oggi.

Corsi e ricorsi storici, è la storia che si ripete e l’umanità che non impara dai propri sbagli. Eppure, oggi come allora, ci sono uomini e donne che, senza risparmiarsi, mettono a repentaglio la propria vita per il prossimo, senza cedere allo sconforto ed alla stanchezza: medici, infermieri, quelli in prima linea e quelli nelle retroguardie, che con professionalità ed infinita abnegazione hanno fatto della loro professione una vera e propria missione di umanità. Ecco: loro sono la nostra speranza. Dopo tutto, alla fine… andrà tutto bene.

Martina Crisicelli

Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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