lunedì, Aprile 29, 2024
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Futuro

 “Chi siete voi?” “Veniamo dal futuro, siamo qui per te”

Ero felicemente sdraiato sul mio letto a pensare alla giornata che avevo appena vissuto a lavoro.

Sono impiegato nel laboratorio scientifico più importante degli Stati Uniti, ma non faccio lo scienziato, sono un addetto alle pulizie.                                

Non sono contento del mio lavoro, sono convinto che avrei potuto fare qualcosa di migliore che lavare i pavimenti, sarei potuto diventare anche io uno scienziato, oppure un eroe come il “me bambino”, desiderava tanto. 

Mi alzai dal mio triste letto per andare a cucinare la cena ma improvvisamente inciampai su una vecchia console. La presi in mano e riconobbi subito di cosa si trattava, ero rimasto impressionato da quel videogioco all’età di 8 anni. “Papà papà !! ” chiamavo urlando “Il mio compleanno è domani e voglio a tutti i costi una nuova console”.

Volevo finire il gioco al suo interno sia perchè si trattava di disintegrare robot cattivi sia perchè mi ero informato e avevo scoperto che nessuno era mai riuscito a completare l’ultimo livello ed io ero convinto di poterci riuscire. Alla fine, papà stufo delle mie preghiere, la comprò. Nel giro di pochi giorni arrivai all’ultimo livello ma anche se ci provai in qualsiasi modo non riuscì mai a completarlo, fino a quando non mi stancai e abbandonai tutto. Ero rimasto a fissare quella console piena di troppi ricordi e decisi di riprovare a finire il gioco. Mi sedetti sul divano con il controller in mano e iniziai a giocare. Stranamente dopo pochi tentativi riuscì a completare l’ultimo livello con facilità. Ero molto felice, avevo esaudito il sogno di “me bambino”. Mi alzai per andare a dormire quando improvvisamente tutte le luci della stanza iniziarono a lampeggiare e dopo un bagliore più forte, apparvero due persone molto strane in camera mia, ma di aspetto molto familiare. Una ragazza con lunghi capelli ricci e neri e occhi color miele, l’altro, un uomo molto robusto e con un’aria intimidatoria. Aveva una maglietta strappata che lasciava intravedere i pettorali robusti contornati da numerosi tatuaggi colorati. 

Al posto dei pantaloni indossava una sorta di pinocchietti fatti di piume bianche, aveva dei lunghi capelli biondini che ricadevano sugli occhi color mare, circondati da svariate cicatrici di profondità diversa e delle sottili labbra rosate.  Ai piedi invece aveva degli stivali marroni di tessuto scadente che gli arrivavano quasi sotto il ginocchio. Fissai entrambi stranito ma poi guardandoli meglio mi accorsi che erano identici ai protagonisti del gioco! Milioni di domante fluttuavano nella mia testa e a dare risposta fu proprio la ragazza che iniziò a spiegarmi la situazione.

“Noi ci chiamiamo Dafne e Jeremy e veniamo dall’anno 2592, siamo qui perchè tu sei riuscito a completare il gioco. Nel nostro mondo i robot governano sugli esseri umani, traformando qualsiasi organismo incontrino in creature come loro. Io e Jeremy siamo gli ultimi umani rimasti e non abbiamo le forze per sconfiggere da soli Jenh, ovvero lo scienziato che ha inventato questa “cura” per diventare dei robot. Quando io e il mio compagno abbiamo capito il pericolo abbiamo spedito nel passato un gioco altamente modernizzato che attraverso il divertimendo educasse le persone affinchè potessero salvare l’umanità. Tu sei stato il primo a finire l’ultimo livello quindi siamo venuti a prenderti con una macchina del tempo!  Sei pronto a salvare l’umanità ?. ”Era la mia occasione, finalmente avrei potuto fare qualcosa d’importante e abbandonare la mia solita vita banale. 

Mi spiegarono che loro non sarebbero potuti venire perchè i robot avevano in qualche modo posizionato un gps nella loro pelle e che quindi entrare nel campo di battaglia sarebbe stato troppo pericoloso. Mi fecero vestire con una tuta gialla super moderna e mi diedero un raggio laser con cui avrei potuto sconfiggere Jenh e un’altra pistola più piccola. Mi dissero che avrei dovuto oltrepassare tutto il quartiere stando attento ai robot e una volta arrivato allo studio dello scienziato l’avrei mandato in un’altra dimensione, con lo stesso raggio laser. Iniziai ad avventurarmi tra le strade deserte e rovinate, molto probabilmente da esplosioni passate. Stava andando tutto bene fino a quando non sentii un forte dolore alla schiena, seguito da altri colpi in viso che mi fecero sanguinare il naso. Alzai lo sguardo e vidi un robot intento ad iniettarmi un qualcosa nel collo, ebbi la prontezza di uscire il laser e puntarglielo alla spalla sinistra e immediatamente lui sparì. Mi alzai e proseguì il mio percorso fino ad arrivare all’unico edificio integro della cittadina. Molto probabilmente era lo studio di Jenh quindi entrai dentro.

Era un edificio immenso, c’erano 30 piani con 29 camere ciascuno, ci misi un’ora a trovare la stanza dove lo scienziato sperimentava i suoi progetti. Stranamente la porta era aperta quindi entrai senza problemi trovando Jenh intento a osservare il panorama che si poteva vedere dall’enorme vetrata che occupava quasi tutto lo studio e a pettinarsi la lunga barba con le mani. Pensai che fosse il momento perfetto per sparargli con il raggio laser ma proprio mentre stavo per compiere l’azione, qualcuno mi legò le mani dietro la schiena, facendomi cadere il laser. Tutto ciò fu seguito da una risata malefica provienente dalle labbra dello scienziato.

“Pensavi davvero che non me ne sarei accorto? C’era da aspettarselo che quei due stavano escogitando un piano per distruggermi!”

Uscì dalla tasca un piccolissimo oggetto che trasformò con facilità in un enorme arma e che mi puntò allo stomaco. Ormai mi stavo rassegnando, ero sicuro che sarei morto, quando mi ricordai della pistola che Dafne mi aveva dato di riserva. Con velocità la uscì dalla tasca e la puntai alle gambe del robot che mi stava bloccando, disintegrandolo e con la stessa velocità ne sparai un colpo anche a Jenh alle ginocchia. Lui cadde a terra dolorante e io riuscì a sfruttare il momento per raccogliere il raggio laser che mi era caduto prima e mandare anche lui in un’altra dimensone. Riuscivo a vedere la rabbia nei suoi occhi mentre spariva come polvere. Ce l’avevo fatta, avevo salvato il futuro degli esseri umani.  

ALESSIA ALIBERTO II A I.C. D’ALCONTRES

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