giovedì, Maggio 16, 2024
Comprensivo Foscolo BarcellonaIstituti della Provincia

“Io ci sono” è la storia di Lucia Annibali, vittima di un amore malato

È il 16 aprile 2013 quando Lucia Annibali, avvocatessa, viene aggredita al suo rientro a casa da uno sconosciuto incappucciato che le getta dell’acido sul viso. Gli sconosciuti, in realtà due uomini di nazionalità albanese, sono solo gli esecutori materiali del vile gesto, perché il mandante è noto a Lucia: si tratta del suo ex fidanzato, l’avvocato Luca Varani, con cui ha avuto una relazione tormentata e che non accetta di essere stato lasciato. Così ha inizio il calvario di Lucia: il dolore immediato, esteriore e interiore, e le operazioni di ricostruzione chirurgica per migliorare il suo aspetto.

annibali,

Ma la ragazza non si piega, ogni sua cicatrice si trasforma in un punto di forza. Lucia oggi vive a Roma, dove dopo la chiamata del ministro Boschi è consigliere giuridico del Ministero delle Pari Opportunità, con una speciale attenzione alla violenza di genere. Lucia ha avuto la fortuna di non morire, ma tantissime donne non hanno avuto la stessa fortuna. La violenza ha tante facce sempre della stessa medaglia: l’abuso della forza, rappresentata anche da sole parole o da sevizie morali, minacce, ricatti, come mezzo di costrizione, di oppressione, per obbligare altri ad agire o a cedere contro la propria volontà, stalking e ogni atto che lede la libertà e la sicurezza, pedinamenti e appostamenti nelle vicinanze dell’abitazione della vittima. Tutto ciò perché molti uomini non accettano che una donna decida di troncare una “relazione tossica”, che spesso precede i femminicidi o tentati femminicidi.

Capita anche che le vittime si colpevolizzino, attribuendosi il torto di avere fatto adirare, magari con un gesto o una parola, il compagno che in quel dato momento era nervoso. In Italia ci sono delle leggi e delle associazioni che cercano di aiutare le donne vittime di violenza, ma ancora non riescono a tutelarle completamente, perché gli uomini sono dei codardi e non ci sono sanzioni così severe da fermare la mano assassina. Credo che non sia facile fermare questo tipo di violenza, perché l’animo di molti uomini è cattivo e ritiene che la donna sia una cosa propria. Sicuramente è un problema di cultura, di “patriarcato”, in cui il maschio è il padrone, e nonostante si parli di emancipazione ci sono uomini che hanno latente nella loro testa il possesso, la prevaricazione sulla donna. Le madri, ma soprattutto i padri, devono invece educare i bambini al rispetto dell’altro, alla condivisione, alla collaborazione, e solo così i bambini, crescendo e diventando uomini adulti, potranno avere un atteggiamento non violento, di sopraffazione, ma di rispetto nei confronti di una donna che dà la vita e non la toglie.

Antonio Pio Giunta

Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G. (ME)

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.