lunedì, Aprile 29, 2024
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UN VIAGGIO NELLA STORIA … E NEL MARE

Dopo un lungo periodo di chiusura finalmente la scuola ci ha consentito di vivere un’esperienza culturale indimenticabile e di grande valore storico, ovvero la visita alla Cittadella fortificata di Milazzo, comunemente chiamata Castello di Milazzo, che sorge nel Borgo Antico ed è modello di perfetta architettura militare.

Arrivati davanti alle mura spagnole, siamo stati accolti dalla guida che ci ha subito spiegato che avremmo fatto un percorso a ritroso, dalla parte nuova fino ad arrivare alla parte più vecchia, al cuore della Cittadella.

L’ingresso si apre sotto il Bastione di Santa Maria. Man mano che ci si addentra, si possono notare le tracce delle dominazioni che qui sono passate e ne hanno fatto la storia. Il Bastione di Santa Maria, che prende il nome dalla vecchia chiesa che venne in parte abbattuta per costruirlo, serviva a difesa della parte meridionale della città fortificata. Il Bastione fa parte della cinta spagnola ed è anche denominato “delle tre porte”.

Subito dopo si attraversa la porta di Santa Maria che prende il nome dall’omonima chiesa vicina. Sopra l’arco, si possono notare due aperture verticali ormai chiuse che servivano a manovrare un ponte levatoio su un fossato asciutto. Nella volta della galleria sono presenti due aperture circolari che davano ai soldati la possibilità di gettare dall’alto materiali per la difesa e infine la” Porta ferrata” dove era presente un grosso cancello in ferro calato dall’alto “a ghigliottina”.

Il Bastione delle Isole, chiamato anche “delle sette porte”, rappresentava il baluardo di difesa nord della Cittadella. Viene chiamato «bastione dell’Isola» o «delle Isole» per via della veduta dell’Arcipelago Eoliano, oppure bastione dell’Annunziata, per la vicinanza all’omonima chiesa, o «Bastione delle sette porte», perché collocato in prossimità dell’ingresso settentrionale della città murata, un tempo costituito appunto da ben sette aperture successive. Il Bastione delle Isole presenta anche un lungo sotterraneo, la galleria di contromina. Si tratta di un cunicolo che percorre il lungo muro del bastione delle Isole, congiungendo così un orecchione all’altro e che consentiva all’assediato di intercettare lo scavo di eventuali cunicoli sotterranei («mine») da parte dell’assediante. Quest’ultimo, infatti, avrebbe attaccato il bastione realizzando un lungo tunnel sotterraneo, la «mina» appunto, in maniera tale da raggiungere la base delle possenti mura del bastione, dove avrebbe collocato delle potenti cariche esplosive capaci di distruggere l’imponente fortificazione. Venne così ideata la cosiddetta «galleria di contromina», una sorta di galleria «di ascolto», dove l’assediato avrebbe vigilato ascoltando l’eventuale approssimarsi dei colpi di piccone, che non appena intercettati sarebbe stata prontamente neutralizzati.

Continuando il nostro cammino, dopo aver superato l’ex Monastero delle Benedettine del S.S. Salvatore, abbandonato dalle monache nel 1734, adibito prima a ospedale militare e poi ad altri usi, siamo arrivati nella parte più antica ovvero al Castello, la cui cinta muraria fu rimaneggiata in epoca sveva (lavori eseguiti da Riccardo da Lentini per volontà di Federico II di Svevia). In alto, è ben visibile lo stemma in marmo spagnolo, apposto successivamente in quanto sono evidenti resti di un precedente stemma in pietra calcarea di epoca sveva. Di questo rimangono una cornice dentellata superiore e un angolo in alto a destra che sembrerebbe parte dell’ala destra dell’aquila, simbolo di Federico II.

Ci ha molto incuriositi la spiegazione su un’immagine particolare che si vede sulle mura della Cittadella, definita comunemente lo “scarabeo” oppure “occhi di Milazzo”. Molte sono le ipotesi avanzate, ma secondo quella più attendibile sembra si tratti di due quadranti solari utilizzati per scandire le stagioni e le ore nel periodo del Medioevo. La particolarità è che in certi periodi dell’anno, al calar del sole, si ha l’impressione di vedere delle palpebre che si abbassano.

La nostra mattinata si è conclusa con la visita al MUMA (Museo del Mare), situato nel Bastione di Santa Maria e nato dalla collaborazione con il “SISO project”, ideato da Carmelo Isgrò, un giovane biologo milazzese che ha attuato di sua iniziativa il recupero dello scheletro di un capodoglio spiaggiato nelle acque di Milazzo. Isgrò ha recuperato pezzo per pezzo del cetaceo, smantellando oltre 10 tonnellate di carne in deterioramento aiutato dal suo team e dall’amico Francesco Vece, soprannominato dagli amici “Siso”. In seguito alla morte precoce di quest’ultimo, causata da un incidente stradale, si è deciso di commemorarlo dando il suo soprannome al progetto.

Il Capodoglio Siso venne inizialmente avvistato al largo di Panarea, nelle Isole Eolie nel 2017, mentre cercava di liberare la sua coda impigliata in una rete da pescatore:il tentativo di salvarlo fu invano. Diversamente da come si era inizialmente ipotizzato, la causa che ha provocato la morte del capodoglio è da attribuire a un vaso di plastica per piante che l’animale aveva ingerito e che era rimasto bloccato nel suo stomaco, per cui gli era stato impossibile espellerlo.

La presenza di plastica all’interno dello stomaco dell’animale è la prova inconfutabile della gravità dell’inquinamento marino che ogni giorno è causa della morte di numerosi animali che oltre a rimanere impigliati nelle reti abbandonate, inseriscono erroneamente corpi estranei e tossici per il loro organismo.

L’obiettivo del MUMA è quindi proteggere l’ambiente mandando un messaggio volto a sensibilizzare, soprattutto i più giovani, alla tutela e salvaguardia del mare.

Il museo divide il viaggio al suo interno in tre parti: inferno, purgatorio e paradiso, proprio come il viaggio che Dante Alighieri racconta nella Divina Commedia.

Dopo aver attraversato la sala del Capodoglio Siso, ci imbattiamo nell’inferno, dove lungo il corrimano delle scale troviamo delle reti da pesca illegali e per terra troviamo tutta la spazzatura raccolta nelle spiagge di Capo Milazzo da dei volontari. Purtroppo, ci fa notare la guida, tutta la plastica raccolta rappresenta solo il 3% di tutta la spazzatura presente.

Passato l’inferno, arriviamo al purgatorio, dove per espiare le colpe si prende atto dell’abuso di plastica che facciamo ogni giorno ed è presente anche una biblioteca sul mare con storie per tutte le età. Infine, il paradiso presenta solo uno schermo che ripete i movimenti delle gocce d’acqua. Qui il visitatore si fonde con la natura, entrando a far parte di quelle gocce e va via con una consapevolezza diversa, comprendendo l’importanza di proteggere ciò che conosciamo.

Il nostro viaggio nella Storia e nel Mare si è concluso.

Giulia Mandarano e Maria Venuto, V A TL

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