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Il difficile cammino per la convivenza pacifica

Nessuno nasce odiando i propri simili a causa della razza, della religione o della classe alla quale appartengono. Gli uomini imparano a odiare, e se possono imparare a odiare, possono anche imparare ad amare, perché l’amore, per il cuore umano, è più naturale dell’odio.

Nelson Mandela

L’odio ha sempre accompagnato l’umanità nel corso della storia. Esso si impara fin da piccoli, perché spesso odiare è la via più semplice. Però non tutti accettano queste condizioni di vita: negli anni ci sono stati uomini che hanno combattuto affinché la tolleranza e il rispetto reciproco diventassero i concetti fondamentali sui quali si basa la nostra società. Uno di questi uomini di pace fu Nelson Mandela.

Il difficile cammino per la convivenza pacifica

Nelson Mandela nacque il 18 luglio 1918 a Transkei, una città sudafricana. Il suo vero nome era Rolihlahla, che significa “colui che provoca guai”. Il nome Nelson gli fu affidato dall’insegnante del colleggio coloniale britannico Healdtown, mentre il nomignolo “Madiba” era il nome della sua tribù d’appartenenza, dell’etnia Xhosa. Dedicò la sua intera vita alla lotta contro all’Apartheid, una politica di segregazione razziale istituita dal governo di etnia bianca del Sudafrica che Mandela stesso definì così: “Ad eccezione delle atrocità commesse contro gli ebrei durante la seconda guerra mondiale, non c’è nessun altro crimine, in tutto il mondo, che sia stato condannato all’unanimità come l’apartheid.”

Le leggi imposte ai neri erano anche simili a quelle imposte agli ebrei con la segregazione razziale:

  • proibizione dei matrimoni interrazziali;
  • registrazione in base alle loro caratteristiche razziali (Population Registration Act);
  • eliminazione di ogni opposizione che venisse etichettata dal governo come comunista (usata per mettere fuorilegge nel 1960 l’African National Congress (ANC), la più grande organizzazione politica che includeva i neri, di stampo socialista, tra cui Mandela);
  • divieto di entrare in alcune aree urbane per le persone di colore;
  • proibizione alle persone di colore diverso di utilizzare le stesse strutture pubbliche
  • difficoltà per i neri ad accedere all’istruzione;
  • discriminazione razziale in ambito lavorativo;
  • istituzione dei bantustan, ghetti per la popolazione nera;
  • privazione della cittadinanza sudafricana e dei diritti a essa connessi agli abitanti dei bantustan;
  • la popolazione nera poteva frequentare i quartieri della gente bianca solo con degli speciali passaporti.

Inizialmente sia neri che bianchi lottavano contro l’apartheid, ma ogni forma di protesta venne soffocata. Negli anni cinquanta, Mandela, con il sostegno dell’African National Congress (ANC) iniziò una serie di proteste pacifiche che al suo primo arresto nel 1952.

Il difficile cammino per la convivenza pacifica

Un fatto che sconvolse l’azione di resistenza contro l’apartheid dell’ANC fu il massacro di Sharpeville, avvenuto il 21 maggio 1960 (il 21 maggio è stato scelto come giornata dedicata all’eliminazione della discriminazione razziale): quel giorno 69 persone che stavano manifestando contro la politica segregazionistica furono uccise dalla polizia. Ciò fece riflettere Mandela sull’utilizzo delle armi come forma di ribellione. Egli infatti disse: “Un combattente per la libertà impara la dura lezione che è l’oppressore a definire la natura dello scontro, e all’oppresso talvolta non resta altra scelta se non usare metodi che rispecchiano quelli dell’oppressore. Ad un certo punto, si può solo rispondere al fuoco col fuoco.”

Nell’anno successivo a questo evento venne avanzata la richiesta all’ANC di organizzare organizzazioni violente: la proposta venne rifiutata, ma venne stabilito che le azioni di sabotaggio di Mandela non sarebbero state fermate. Il 16 dicembre nacque la “Umkhonto we sizwe” (“Lancia della nazione”, abbreviato Mk), l’ala militare dell’ANC. Nel 1962 Mandela venne arrestato per la seconda volta per aver abbandonato il paese senza autorizzazione e per aver organizzato alcune manifestazioni di protesta. La sentenza lo condannò a cinque anni di reclusione e ai lavori forzati. L’anno successivo altri membri della Mk vennero arrestati e processati per alto tradimento.

Il difficile cammino per la convivenza pacifica

Sotto l’accusa di aver tentato di rovesciare il governo con la forza, Mandela venne condannato all’ergastolo il 12 giugno 1964 e rinchiuso nel carcere di massima sicurezza sull’isola di Robben Island, al largo di Città del Capo, dove trascorse 27 anni. Durante la sua permanenza in prigione, la sua fama crebbe e con essa l’attenzione a livello internazionale sulla condizione dei neri in Sudafrica. Egli divenne simbolo della lotta al razzismo, soffrendo silenziosamente e rifiutando le offerte di libertà condizionata in cambio di una rinuncia alla lotta armata. A queste proposte rispondeva dicendo: “Solo gli uomini liberi possono negoziare; i prigionieri non possono stipulare contratti. La tua e la mia libertà non possono essere separate.”

Intanto il Sudafrica venne isolato in quanto stato razzista e l’apartheid fu dichiarato crimine internazionale da una convenzione delle Nazioni Unite, votata dall’assemblea generale nel 1973 ed entrata in vigore nel 1976 (International Convention on the Suppression and Punishment of the Crime of Apartheid), e quindi successivamente inserito nella lista dei crimini contro l’umanità. Frederik Willem de Klerk, ultimo presidente bianco del paese, cedette alle pressioni internazionali volte a concedere la grazia. L’11 febbraio 1990 Mandela diventa finalmente un uomo libero. Il suo unico obbiettivo era quello di raggiungere la completa emancipazione del popolo nero. Nel 1991 Mandela diventò presidente dell’Anc. Uno storico incontro con de Klerk portò i due leader a realizzare che solo un compromesso tra bianchi e neri può evitare una guerra civile in Sudafrica. Così, verso la fine del ’91, viene istituita la “Convenzione per un Sudafrica democratico” (Convention for a democratic South Africa, Codesa) finalizzata a dar vita a un nuovo governo eletto da tutti i cittadini. Mandela e De Klerk ricevettero il premio per la Pace nel 1993 “per aver posto le basi per un Sudafrica nuovo e democratico”.

Il difficile cammino per la convivenza pacifica

Il 27 aprile 1994 rappresentò un punto di svolta: in seguito alle elezioni democratiche aperte a tutti i cittadini, Mandela divenne il primo presidente nero del Sudafrica. Durante la presidenza, Mandela lavora per dare una spinta all’economia, ma non abbandonerà mai la sua lotta per la pacificazione. In un suo discorso disse:

L’abbiamo capito ora che non vi è nessuna strada facile per la libertà. Lo sappiamo bene che nessuno di noi da solo può farcela e avere successo. Dobbiamo quindi agire insieme come un popolo unito, per la riconciliazione nazionale, per la costruzione della nazione, per la nascita di un nuovo mondo. Fa che ci sia giustizia per tutti. Ci sia pace per tutti.”

Mandela muore a Johannesburg il 5 dicembre 2013, lasciandoci i suoi ideali di uguaglianza e democrazia.

Irene Calabrese

Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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