venerdì, Aprile 26, 2024
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Il mio Carnevale di Ivrea

Quando avevo cinque anni ho assistito al “Carnevale di Ivrea”. Mi trovavo in quella città in visita a un mio zio che faceva il poliziotto. Lo svolgimento del carnevale eporediese (si dice proprio così) è molto particolare e diverso da tutti quelli che siamo abituati a vedere, per questo voglio provare a descriverlo. Intanto esso ha mantenuto un legame stretto col Medioevo e ci sono due figure molto importanti: la mugnaia e il generale. La mugnaia si deve affacciare dal balcone del municipio la sera prima dei festeggiamenti ed è ispirata a una certa Violetta, figlia del mugnaio del paese, che fu rapita e portata a corte e obbligata a stare col tiranno.

La leggenda racconta che la donna, fatto ubriacare il re, gli abbia poi tagliato la testa nel sonno dando il via alla sommossa popolare e alla distruzione del castello del tiranno. La mugnaia viene scelta annualmente tra le donne di Ivrea e deve essere sposata, come era Violetta, e vestita di bianco per indicarne la purezza e la fedeltà al marito. Il generale, invece, riveste il ruolo dell’autorità e gestisce tutta l’organizzazione della festa con un vestito napoleonico.

Nei tre giorni del carnevale ci sono le sfilate lungo le vie cittadine di carri, bande musicali, gruppi folkloristici provenienti anche da diversi posti del mondo.

La mugnaia viene fatta sfilare su un carro dorato e ricordo che fosse vestita di bianco con una fascia verde e una coccarda rossa e poi un berrettino rosso. Attorno a lei sul carro, tante damigelle e paggi che lanciavano sulla folla che applaude caramelle e mimose. Davanti alla mugnaia sfilano tutti gli alfieri con le bandiere dei vari rioni; invece dietro arrivano a cavallo il generale con i suoi ufficiali.
Tutta la sfilata è rallegrata con la musica del carnevale con le varie bande che la suonano. Una, detta appunto “Canzone del Carnevale”, rievoca nelle parole tutta la storia della rivolta popolare.

Il momento più emozionante, bello e anche pericoloso dei tre giorni di Carnevale è comunque la cosiddetta “battaglia delle arance” che richiama un sacco di turisti da tutto il mondo. Praticamente ci sono dei carri con gli aranceri a bordo ben protetti e poi invece altri aranceri a piedi e la battaglia avviene tra queste due fazioni. Si dice che ciò rievoca la battaglia tra i soldati del tiranno sui carri e i popolani in rivolta a piedi. La battaglia avviene per le strade e si assiste a un lancio incredibile di arance (dicono che siano arance non più buone per essere mangiate) che vanno dappertutto e in teoria dovrebbero andare solo sui soldati e i popolani. In realtà queste viaggiano un po’ ovunque e capita spesso che vengano colpiti per errore gli spettatori, che devono comunque indossare un copricapo rosso che sta a significare che non devono essere colpiti. Inoltre sono presenti delle alte reti di protezione per chi assiste, anche se spesso non bastano.

Gli aranceri sui carri sono ben protetti da armature e sono una decina, mentre quelli a piedi sono numerosissimi, anche centinaia che assaltano un solo carro, ma non hanno protezioni. Ho visto che tutt’intorno alle piazze c’erano diverse ambulanze e in effetti molti aranceri di quelli a piedi ricorrevano alle cure dei medici. Ricordo che alla fine tutte le strade in cui si è svolta la battaglia delle arance erano rosse o arancioni e si camminava a stento perché la sede stradale era diventata molto scivolosa e inoltre nell’aria per giorni e giorni rimase l’odore fortissimo di aranciata, un po’ marcia forse.

Ho un bellissimo ricordo di quel carnevale così particolare, anche se provo ancora molta paura per quelle arance che viaggiavano come proiettili e di cui una mi ha sfiorato la spalla, mentre mio cugino è stato molto più sfortunato perché è stato colpito proprio in testa ma non si è fatto nulla di grave, anzi ha continuato a ridere come uno scemo.

Mio zio si è poi trasferito e non siamo più andati a Ivrea per il Carnevale, però in futuro vorrei rivivere le emozioni provate da bambino e penso quindi che ci ritornerò prima o poi.

Domenico Calabrò

Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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