lunedì, Maggio 6, 2024
Cultura

IN BIANCO E NERO

Le fotografie di Michelangelo Vizzini in mostra a Baùso

 

In estate, lo ricordo con una maglietta a righe orizzontali e i pantaloni larghi in cotone scuro; d’inverno, spesso, con una sorta d’impermeabile e il cappello da pescatore tirato sugli occhiali. Quella stessa immagine riproposta, in scala reale, in una delle sale del Palazzo Baronale Cottone-Pettini a Villafranca Tirrena, altrimenti detto Castello di Baùso, dove fino al 2 aprile è possibile visitare una mostra con alcune opere del compianto fotografo messinese Michelangelo Vizzini: “In Bianco e Nero”, appunto.

A volte non lo vedevi neanche arrivare Vizzini, ma era già lì, da prima. Lì dove serviva. Quando si spostava, invece, non riuscivi proprio a capire come facesse a stare in piedi. Piccolo, caracollante, con la macchina fotografica sempre penzoloni al collo e quel respiro asmatico che a volte pareva un sibilo; però è sempre stato lì, sul pezzo; fino alla fine della sua stagione, nel 2009. In strada o agli eventi di gala, registrava ogni avvenimento, ogni frammento della sua città, qualsiasi minuscolo palpito di cose vissute. Viste insieme, tutte quelle cose, nel tempo, sono diventate storia, ma anche immagine di un’epoca ormai perduta.

Fa impressione guardare quelle fotografie – solo una piccolissima parte del suo immenso archivio – anzi, a dirla tutta, fa proprio male. Osservi, purtroppo, ciò che sai già: una città che stenti a riconoscere nell’attuale o che non c’è più. Nascosta; più spesso sparita o sopraffatta. Vedi soprattutto uno spirito, o meglio, un’anima volata altrove. Era in bianco e nero il mondo di Vizzini; come il titolo della mostra e, si sa, il bianco e nero fa subito storia, anche quando al glamour degli smoking anni ’50 sostituisci i pantaloni a zampa e le barbe incolte degli anni ’70.

Nelle stanze a destra del grande salone d’entrata, ci sono le foto dedicate a Messina, mentre a sinistra e in fondo troviamo quelle sulla Rassegna Cinematografica Internazionale, quell’incredibile invenzione tutta cittadina fatta di cultura, pettegolezzo, mondanità e grandi nomi dello spettacolo che dal 1955 e per qualche decennio, caratterizzò ogni prima settimana d’agosto dei messinesi. Ciò che emerge da quelle foto è, insieme, la città fisica e il modo in cui fu vissuta, a quel tempo, dai suoi cittadini. Ai luoghi, Michelangelo abbinava, infatti, anche gli avvenimenti. Perciò accanto alla triste parata dei necrologi architettonici di una città perduta, vediamo, purtroppo, anche una collezione di figurine umane ormai stropicciate dal tempo.

Stenti, quindi, a credere che quelle due donne colte insieme dall’obiettivo del nostro fotografo possano esser state, davvero, Claudia Cardinale in splendido decolleté e Monica Vitti nel suo sguardo stranito. Ti stupisci dell’arrivo alla terrazza dell’Irrera a mare di una sontuosa e sorridente Ingrid Bergman o del transito su via Garibaldi, a bordo di un’auto scoperta, di Anita Ekberg, appena resa celebre dalla “Dolce Vita”. E lo sguardo da cerbiatta di Audrey Hepburn, catturata mentre fuoriesce da un’auto nera, col suo solito tubino in tono! Imperdibile. E ancora, che dire di Anna Magnani, pur magnetica nonostante il pesante completo lungo, scuro, in raso? O di Sandra Milo in strada, attorniata dagli sguardi inequivocabili dei carusi in braghe corte? Infine, la più regale di tutti. Sophia, ripresa in tailleur chiaro e veletta, una gamba sull’altra, di profilo.

Tra gli uomini: il solito Alberto Sordi sornione che ammicca al pubblico; un bellissimo e altissimo Vittorio Gassman; il divo di casa Adolfo Celi ma anche Burt Lancaster con cappellino da baseball; un machissimo Belmondo o Gregory Peck con premio, accanto alla Lollobrigida, che però non era il premio; Vittorio De Sica che, al solito, riempie la scena anche da solo; Anthony Perkins, lungo e allampanato, mai uscito dal personaggio di Norman Bates in “Psycho”. Per finire: un altro Michelangelo. Antonioni, sul dolly accanto alla macchina da presa, sigaretta accesa, che prova quella ripresa de “L’Avventura” girata all’angolo tra il Viale San Martino e l’allora scoperta fiumara di Zaera, ora viale Europa. Una vera rarità.

E comunque non è vero che stenti a credere a ciò che stai guardando. Lo sapevi già che c’era stato tutto questo nella tua città. Te lo avevano detto; le avevi viste quelle immagini. L’emozione ritrovata e mai sopita ti serve, ora, solo a moderare lo sconforto, il buco nell’anima che lascia quella visione. Invece, ripensandoci, stenti – qui davvero – a credere a ciò che vedevi a metà degli anni ’80, dentro i padiglioni deserti della Fiera di Messina, quando insieme ai tuoi amici pattinavi sui marmi sempre levigati della terrazza a mare dell’Irrera. Lui, il bar, ormai sbarrato e cadente; intorno, il silenzio. E non ti rendevi conto, a quel tempo, che sentivi il vento addosso nel punto in cui Ingrid e Anita avevano sorriso, dove Sophia calamitava gli sguardi e Claudia salutava il pubblico. E ciò che in quel momento ti sembrò sole accecante era invece la memoria latente del rapido flash di Michelangelo, che tutto avrebbe fermato lì per sempre.

Esci da Baùso, ora; ne hai bisogno. Fuori da quel bianco e nero divenuto ormai ingombrante. Dal pianoro fiorito del Palazzo-Castello, a dispetto dei venti gradi di temperatura del primo giorno di primavera, non trovi le Isole Eolie – necessario punto principale della tua prospettiva – nascoste dalla foschia. Allora ti smarrisci nei colori delle innumerevoli piante che solerti giardinieri hanno fatto attecchire: dalle grandi yucche ai tanti tipi di palme; dagli ulivi agli intricati ammassi di aloe arborescens. Ti perdi tra i tantissimi arbusti di rose – una sola appena fiorita – svicoli tra le pungenti cycas revoluta, superi la mimosa e le bordure di metrosideros, seguendo il filo delle fresie gialle e viola appena fiorite. Poi ti fermi all’albero del pepe rosa e, con l’intensissima sorpresa olfattiva scaturita dallo schiacciamento delle bacche tra le dita, riempi d’emozione il resto della giornata.

Ti viene in mente una frase di Wim Wenders mentre sotto il sole raggiungi l’automobile per tornare a casa: “I posti hanno bisogno di una storia per sopravvivere”. La memoria ha bisogno di memoria.

FRANCESCO GALLETTA

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Un pensiero su “IN BIANCO E NERO

  • Elena Bettini

    Wow… so sweet memories… *****

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