sabato, Giugno 7, 2025
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La porta di Lampedusa, porta d’Europa …si apre all’accoglienza ed alla pace!

Un monumento di quasi 5 metri di altezza e 3 metri di larghezza realizzato in ceramica refrattaria e ferro zincato, inaugurato il 28 luglio 2008.

Quest’opera è stata realizzata da Mimmo Paladino. La porta si ispira alla drammatica vicenda delle migliaia di migranti che, affrontano incredibili avversità, tentando di raggiungere l’Europa alla disperata ricerca di un destino migliore. Con questa opera si vuole trasmettere alla memoria delle generazioni future la strage disumana e senza testimoni di migranti deceduti o dispersi in mare di cui siamo spettatori passivi e fornire a tutti noi un simbolo che aiuti a non dimenticare e che inviti, ognuno secondo le proprie credenze religiose o laiche, alla riflessione e alla meditazione.

I migranti vengono dal sud e dall’est del mondo verso l’Italia, giungono nell’isola siciliana alla ricerca di una nuova e più dignitosa esistenza.

Questo monumento è il simbolo dei viaggi della speranza che affrontano i migranti alla ricerca di una condizione di vita migliore. Purtroppo negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di migranti morti durante il viaggio verso l’Europa. Il canale di Sicilia è pieno di cadaveri… È molto triste fermarsi a riflettere su questa situazione. Se ci soffermiamo a pensare ci rendiamo conto di come soffrano queste persone e di cosa siano disposte a sopportare per scappare dalla loro condizione di vita e dalle guerre. Si mettono su una barca, affrontano ore di viaggio, senza mangiare e bere e guardano la terraferma, che per loro rappresenta la speranza di ricominciare. Una celebre poesia “Una volta sognai” Di Alda Merini fu composta per l’inaugurazione della porta e letta durante la cerimonia avvenuta il 26 giugno 2008, il testo attraverso la metafora della tartaruga gigante che è appunto la terra che li accoglie, stremati e stipati in una barca che barcolla per il peso “dell’amore”, ci fa capire cosa davvero questa rappresenti per i poveri migranti che affrontano interminabili avversità.

Una volta sognai

di essere una tartaruga gigante

con scheletro d’avorio

che trascinava bimbi e piccini e alghe

e rifiuti e fiori

e tutti si aggrappavano a me,

sulla mia scorza dura.

Ero una tartaruga che barcollava

sotto il peso dell’amore

molto lenta a capire

e svelta a benedire.

Così, figli miei,

una volta vi hanno buttato nell’acqua

e voi vi siete aggrappati al mio guscio

e io vi ho portati in salvo

perché questa testuggine marina

è la terra

che vi salva

dalla morte dell’acqua.

 

 

Elisa Maria Lucrezia Russo

Schizzo a mano libera eseguito da Simone Caliri

Classe IIIC  Scuola Media Garibaldi 

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