lunedì, Aprile 29, 2024
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Museo etno-antropologico “Nello Cassata”

Era una ventosa giornata di febbraio, il sole faceva ogni tanto capolino, quasi a sorridere agli alunni della classe 1 A della scuola secondaria di 1° grado “Foscolo” mentre, gioiosamente, si recavano al Museo etnostorico “Nello Cassata” di Barcellona Pozzo di Gotto per una visita guidata. I ragazzi hanno vissuto la visita come una bellissima esperienza molto educativa e speciale che hanno molto apprezzato, soprattutto per la competenza della guida, che è riuscita a far comprendere, a ragazzini appena adolescenti, lo stile di vita e i costumi dei loro avi: come mangiavano, come lavoravano, ma soprattutto come vivevano la loro quotidianità.

Attraverso quegli antichi e meravigliosi oggetti descritti, gli alunni sono riusciti a rivivere, con la loro fervida immaginazione, momenti di vita quotidiana dei loro bisnonni. La guida li ha accolti, arrivati al museo, con gentilezza e simpatia raccontando loro come è nata la vastissima collezione di oggetti che oggi conta più di 25.000 reperti. L’idea di creare il museo venne nel 1930 all’avvocato barcellonese Nello Cassata quando gli fu donato da un pastore, o “pecoraro”, un cucchiaio fatto d’osso. A questo oggetto ne seguirono molti altri, cercati, donati e comprati.

Appena entrati i ragazzi sono stati colpiti da un’esplosione di colori: era la “putìa”, in cui si passava dall’azzurro dei ripiani e delle mensole da cucina di un tempo, così dipinti per evitare che gli insetti potessero arrivare e disturbare o poggiarsi sulle pietanze, essendo l’azzurro un colore freddo che allontanava questi piccoli e noiosi animaletti. Oppure ecco gli utensili della bottega del macellaio o “u ghiachieri”, color ruggine che si mescolava con l’avorio delle corna di pecore, simbolo della macelleria, con appeso l’immancabile fiocco rosso anti “malocchio”. Poi ecco i secchi col bastone, i “bumbali”, e le “quartare” dell’ “acquaiolo”, la “naca”, che era la culla dei bambini, il calderone per cucinare il formaggio dei “pecorari”, il torchio gigante per schiacciare l’uva e preparare il vino e le botti per la sua conservazione. Proseguendo, gli alunni hanno poi visitato l’angolo pasticceria, dove hanno potuto vedere gli stampi per le “teste du mottu”, a forma di teschio, e gli stampi per gli agnellini pasquali, insieme alla buonissima frutta martorana.

In un altro angolo ecco i vari tipi di macchine da scrivere, da quella a tastiera, a quelle col pennino, mentre in fondo alla sala si trova, con tanto di insegna, il triciclo della prima metà dell’800, per soli uomini, con le due ruote posteriori enormi e quella frontale più piccola, munito di manubrio, freno, pedali e anche la lampada a olio per la notte. Tutto intorno era abbellito dei bellissimi “pupi siciliani”. Al primo piano, andando avanti nella visita, è possibile ammirare le varie botteghe dei mestieri, dal dentista col trapano a pedali, il medico con le siringhe e gli aghi, il barbiere o “u babberi” con le lamette, “u spiritaru” con la spugna per accogliere lo spirito delle arance, il falegname con i suoi utensili e il calzolaio o “u scapparu”, con i chiodini e martello per le scarpe. Sempre al piano superiore trovano posto anche gli oggetti da guerra, come gli elmetti dei soldati o le palle di cannone, i giochi per i bambini, come il cavalluccio a dondolo e le cartelle scolastiche, i passeggini, i vestiti, tra cui gli intimi maschili e femminili, e per ultimi gli strumenti musicali, tra cui il bellissimo pianoforte a monetina automatico della seconda metà dell’’800.

Finito di visitare il piano superiore i ragazzi, insieme alla guida, si sono recati in un altro edificio, accanto al corpo entrale del museo, dove hanno visto un gigantesco torchio per il vino posizionato all’entrata edificio, e proprio lì dava il benvenuto ai ragazzi un pupo siciliano con le sembianze di un diavoletto.

Accanto ad esso si trova il forno del fabbro, o “u ferraru”, nonchè le grondaie a forma di coccodrillo, tipiche della tradizione locale, una barca con le reti per la caccia dei tonni e dei gamberetti, una “polena” che rappresentava l’anziana madre di un pescatore, simbolo di buon auspicio e prosperità. In mezzo alla stanza ecco anche la macina per l’olio o per il vino, che funzionava grazie alla forza di un animale che girava intorno alla macchina. Questo, solitamente un asino o un mulo, però doveva essere bendato, non doveva vedere nulla perché, se capiva di girare in tondo, poteva impazzire. Infine fuori dall’ edificio i ragazzi hanno potuto ammirare la “livella”, simbolo della ricostruzione di Milazzo dopo il terremoto e una delle prime e rudimentali scale dei pompieri. Finito di visitare il Museo, gli allievi hanno potuto scattare qualche foto agli oggetti che li avevano maggiormente colpiti per poi tornare a scuola con la consapevolezza di aver imparato moltissime cose sul loro passato e sulla vita dei loro ingegnosi antenati.

Santi Scarpaci

Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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