L’EPIGENETICA: l’ambiente innesca i geni?
Il DNA. Molecola basilare, parte integrante del cromosoma dei nuclei eucariotici. Ancora oggi, servigi e utilizzi, avvolti nel mistero.
La scoperta di tale straordinarietà e della sua struttura a doppia elica si deve a due grandi scienziati degli anni Cinquanta, James Watson e Francis Crick, vincitori del premio Nobel per Medicina e Fisiologia nel 1962. Essi proposero il dogma “DNA makes RNA and RNA makes proteins”, secondo il quale l‘informazione genetica contenuta nel DNA viene trasmetta a un intermediario, l’RNA messaggero che di conseguenza invia il segnale di sintesi proteica all’apparato.
Al termine DNA è spesso e giustamente associato il termine gene, le sue unità funzionali, sulle quali però si conosce ancora una minima parte.
Il Progetto Genoma è proprio ciò che fa al caso nostro poiché esso ha il principale scopo di mappare completamente tutti i geni posti in dotazione a ogni essere vivente.
Una particolare frammentazione di ricerca è stata dedicata alle patologie che possono essere eziologicamente associabili a una base genetica con andamenti e modalità di trasmissione non lineari a quelle conosciute.
Tra queste le patologie manifestatesi in soggetti suscettibili integrati in un ambiente specifico. Un esempio molto pratico è la manifestazione di cancro in relazione a una condizione di inquinamento biologico nonché l’esposizione allo smog o l’assunzione di nicotina; diversi studi rivelano anche il collegamento tra uno stato psicologico quale depressione e l’esposizione a un cancro alla tiroide.
Ma esiste davvero un nesso tra la comparsa di una malattia, un soggetto e l’ambiente in cui esso vive? Tra l’avvento di una patologia e la contemporanea situazione socioeconomica, di stress mentale, tipo di alimentazione o esercizio fisico?
Per rispondere a questa domanda migliaia di soggetti definiti “geneticamente rappresentativi”, cioè provenienti da aree geografiche differenti, sono stati selezionati come donatori di DNA destinato alla sequenziazione e conseguente mappatura al fine di conoscerne ogni singolo particolare. A conti ultimati però i genisti si sono trovati di fronte a un’ipotesi spiazzante: solo il 2% del DNA viene codificato e poi riutilizzato dalla cellula per la trascrizione di RNA ribosomiale e transfer, necessari alla sintesi proteica; il restante 98% può quindi anche essere denominato “DNA spazzatura” perché non utilizzabile poichè non trascrivibile o traducibile.
Anche dentro i geni si alternano porzioni di DNA codificate dette entroni e porzioni non codificante che non vengono trascritte nell’RNA messaggero destinato a produrre proteina perché precedentemente distrutte, dette introni. Esiste, in questo modo, la possibilità che da uno stesso gene possano essere scisse proteine diverse producendo cioè isoforme, nonché versioni diverse da utilizzare al momento giusto in quanto non ricoprono numericamente l’intero volume di proteine necessarie all’organismo.
Si deduce come quindi il meccanismo attuato dal DNA non codificato, che potremmo definire “taciturno”, potrebbe portare all’avvento di vari problemi che non escludono l’influenza dell’ambiente circostante.
Una ricerca svolta dall’ENCODE ha recentemente smentito l’inutilità di tale DNA per un genoma del 50%. Si ipotizza infatti la sua trascrizione in un RNA non codificante denominato RNA epigenetico, termine adoperato dai ricercatori in riferimento ad un meccanismo sensibilmente reattivo alle condizioni ambientali, quest’ultimo potrebbe cioè modificare il prodotto genico e trasmetterlo alle successive generazioni. Esso quindi si troverebbe a svolgere delle funzioni di rilevante importanza insieme agli istoni.
Tutto questo è proprio l’argomento di cui tratta l’epigenetica, in quanto essa dispone le proprie branchie nel campo della genetica in riferimento ai cambiamenti che avvengono nel fenotipo senza alterare il genotipo tramite modificazioni chimiche che trovano riscontro nella trascrizione dei geni. I fenomeni di questo tipo riguardano, in pratica, le molecole di supporto (istoni) che possiedono preventivamente cromatina, molecola presente nei cromosomi genetici costituitasi dall’unione di DNA e proteine, in modo tale da portare avanti una trascrizione lineare oppure rendendo possibili delle variazioni. Esse possono avvenire tramite l’avvento di “modificatori” degli istoni, quali il metile che interagisce direttamente con il DNA conseguendone una facilitazione o un blocco della trascrizione della base.
Arriviamo adesso al dunque nominando il coordinatore generale di tutto il processo, l’RNA non codificante, controllore degli enzimi necessari per la modifica chimica degli istoni e del DNA.
Come può quindi l’ambiente influenzare la trascrizione di tali modificazione nel precedente RNA citato? È possibile, in quanto i genisti spiegano come, in questo modo, due gemelli identici, praticamente cloni, se cresciuti in ambienti diversi, con stili di vita differenti possono differenziarsi e andare incontro a modificazioni, a diversi modi di trascrizione di DNA, talvolta anche negativi, che possono rispecchiarsi nel carattere, nell’aspetto fisico o nello stato di salute.
Notizia accolta con entusiasmo soprattutto dagli ambientalisti di tutto il mondo che adesso possiedono un incentivo in più per la loro lotta.
Sono diverse dunque le porte che l’epigenetica spalanca e lascia socchiuse in attesa di nuove scoperte, in particolar modo riguardo le attuali ricerche genetiche che potrebbero segnarne la sua storia, non lasciando più nulla al caso.
Eleonora Sophie Mazzeo IIIC BS