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Un minuto di silenzio per vincere l’indifferenza

Sabato 27 gennaio 2018 è stato l’ottantesimo anniversario dalle leggi razziali. Nel 1938 ha avuto inizio questo orrore del quale ancora oggi si sente parlare come di una ferita mai rimarginata.  Il genere umano non si può dividere in “razze”, differenziate le une dalle altre dalle caratteristiche somatiche e dalla professione religiosa; ogni uomo, qualsiasi siano i suoi ideali, la sua religione e il colore della pelle, ha pari diritti e pari dignità.

Un episodio molto grave è avvenuto a Rimini; un meccanico ha usato come insegna della sua officina la frase presente sul cancello del lager di Auschwitz: “Arbeit matcht frei”. Questa scelta è stata definita da molti di cattivo gusto e il meccanico si è giustificato dicendo che non aveva mai sentito parlare dell’Olocausto e che, dopo aver sentito la traduzione della frase: ”il lavoro rende liberi”, ha pensato che avesse un bel significato; peccato che il suo vero scopo fosse quello di  illudere coloro che erano stati rinchiusi nei lager con la falsa promessa che, prima o poi, lavorando duramente, sarebbero stati liberati.

Molti di noi non pensano quasi mai a tutte quelle persone che ancora oggi perdono la vita nella guerra in Iraq, in Turchia e in Siria, o a coloro che affogano nel mar Mediterraneo nella speranza di fuggire dalla triste e difficile realtà nella quale sono nati; questo accade perché non si parla spesso di questi eventi e per il fatto che noi Italiani non ci sentiamo vicini a quegli uomini che ogni giorno si spengono insieme alle loro speranze, ciò avviene soprattutto perché non siamo nella stessa situazione di questi popoli e tendiamo a non preoccuparci di ciò che non ci riguarda.

Una volta all’anno in tutto il mondo si ricorda l’Olocausto ma quel “minuto di silenzio per ricordare tutte le vittime della Shoah” non può cambiare il passato, ma agendo nel presente per cambiare la nostra mentalità può migliorare il futuro, in quel minuto di silenzio dobbiamo pensare che un domani potremmo essere noi, sì proprio noi, ad essere vittima del razzismo, del pregiudizio ed infine del male peggiore di tutti: l’indifferenza.

Di, Jacqueline Solange Garito

II Liceo Scientifico

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