lunedì, Maggio 6, 2024
Cultura

POTERE ALLA PAROLA…da ieri

La parola, facoltà tipicamente e, per ora, unicamente umana ha sempre avuto un ruolo di rilievo nelle più svariate culture, non solo in quanto forma di comunicazione primaria e più immediata, ma soprattutto come possesso per l’eternità, determinante nel presente e preziosa per il futuro.

Nacque come έπος (épos – “parola”), parola destinata a durare nel tempo, si sviluppò come λόγος (lògos – “discorso”) e in seguito si differenziò nei vari campi del sapere fondendosi con l’arte dello scrivere.

La sua rilevanza è facilmente riscontrabile nella mitologia e nelle leggende che, tramandate oralmente per secoli, rappresentano le origini, i tratti costitutivi dei diversi popoli.

Nel noto caso di Shéhérazade, per esempio, la parola può acquistare un potere salvifico: la principessa persiana, infatti, riuscì a salvarsi la vita raccontando per Mille e una Notte storie e aneddoti al sultano suo sposo che voleva condannarla a morte. Oppure può mutare, sia in meglio che in peggio, la condizione di chi la pronunzia: il poeta che, improvvisando, conquista onori e ricchezze, il prigioniero che riscatta la sua libertà con un motto appropriato e il servo che grazie all’adulazione riesce a guadagnarsi un posto alla tavola del padrone sono solo alcuni dei τόποι (tòpoi – “luoghi” in senso più ampio “luogo comune”, “argomenti peculiari”) che rappresentano in maniera icastica il potere della parola.

Ma che dire quando la parola diventa parola del potere, e chi la pronunzia ha per definizione la facoltà di cambiare il destino degli altri, di influenzare gli avvenimenti grazie solo all’espressione del suo volere? In questo caso, essa può diventare alquanto pericolosa, una vera e propria arma a doppio taglio, poiché, come ci hanno tramandato le generazioni precedenti che hanno vissuto nel secolo scorso, può diventare la punta di diamante della macchina assolutista, l’arma più temibile dell’ideologia totalitaria. In tempi più moderni abbiamo, infatti, assistito – e tuttora assistiamo – ad un uso non solo improprio, ma addirittura deleterio dell’arte del saper parlare, un uso volto a fini tutt’altro che nobili, a seconda di chi la adopera. Questo mette in luce quanto sia importante la purezza e l’onestà degli ideali che animano l’oratore; come affermò Catone, è fondamentale come colui che è esperto nel dire sia una persona di grande valore. Questo concetto non è mutato nei secoli: tutt’oggi chi usa la parola come arma di difesa e di battaglia, ha ben capito il suo potere che regola le nostre vite. Interessante è infatti lo sviluppo della comunicazione, come trasmettere la parola ed evidenziarne il suo potere. Il Novecento ha visto il boom della comunicazione: la televisione, i canali radio, e la musica, accessibile ad un pubblico più vasto, finalizzata a condividere emozioni, ragionamenti, a non sentirsi soli, a denunciare ciò che bisogna cambiare.

Sin dall’antichità sappiamo che un testo, adattato ad una musica o melodia, aveva il potere di divulgare pensieri, miti, e di influenzare le masse socialmente e culturalmente.

Nell’era del “diluvio informativo”, la parola ha un potere enorme, di gran lunga superiore a quello detenuto nel mondo antico. I mezzi di informazione hanno fatto evaporare il tempo, hanno annullato lo spazio. Chi gestisce la parola, l’informazione, è in grado di orientare le masse, di catturarle, di condizionarle. La cultura è uno dei pochi mezzi oggi disponibili per contrastare il dominio di coloro che “gestiscono” le parole.

Una società vista sull’orlo di un inevitabile collasso può salvarsi solo con la forza dell’informazione e della parola, vista come un essere invincibile, se solo si vuole.

Lo psicoanalista Massimo Recalcati, nel suo libro “Il complesso di Telemaco”, fornisce, invece, una chiave di lettura esplicitamente antropologica del tema della parola: “Cosa stabilisce la Legge della parola che è la Legge delle Leggi? Stabilisce che essendo l’umano un essere di linguaggio, il suo essere non può che manifestarsi attraverso la parola. Stabilisce che è l’evento della parola a umanizzare la vita e a rendere possibile la potenza del desiderio. Cosa significa? Significa che la vita si umanizza e si differenzia da quella animale attraverso la sua esposizione al linguaggio e all’atto di parola”.

E la parola si ammanta di ambiguità, bellezza, energia diventando lo strumento docile ma indomabile, dono prezioso di coloro che la vivono e la tessono seguendo un piano ben ordinato. Si spera che l’uomo, ogni uomo, abbia la consapevolezza che tale dono sia nelle sue mani.

Prof.ssa Marina Piperissa

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