lunedì, Aprile 29, 2024
Scienza e Cultura

Cent’anni fa moriva Cesare Battisti, l’ultimo apostolo del Risorgimento. (da lastampa.it)

lastampait

 

di Andrea Cionci

Geografo, giornalista, uomo politico e ufficiale alpino. Fu impiccato nella sua Trento quando aveva 41 anni

Gli venne negata sia la fucilazione che la divisa militare. Gli procurarono un ridicolo vestito a quadri, troppo largo per lui, alto e allampanato com’era. Giunto al patibolo gridò. “Evviva l’Italia! Evviva Trento italiana!”. Lo sollevarono da terra fino a che il boia di Vienna, Josef Lang, un omaccio dalla faccia di birraio, salendo su una scala, arrivò a gettargli il cappio al collo. Tolto lo sgabello, lui tenne gli occhi aperti per qualche istante, poi li chiuse, respirò ancora a lungo mentre Lang, con una mano, gli storceva lentamente la testa. Alla fine, tutti in posa per un’ultima, agghiacciante foto rimasta famosa.

Il boia Josef Lang sogghigna dopo l'esecuzione di Battisti-kCK-U10801214730297hSH-680x500@LaStampa.it

Cento anni fa, il 12 luglio 1916, concludeva così la sua ardente parabola terrena, presso il Castello del Buonconsiglio, a Trento, l’ultimo apostolo del Risorgimento, Cesare Battisti. Geografo, giornalista, uomo politico e ufficiale alpino era nato, 41 anni prima, in quella stessa città, quando ancora era parte dell’Impero austro-ungarico. Il nome di Battisti ricorre ovunque, su strade, piazze e monumenti, ma in pochi ricordano, oggi, chi fu realmente quest’uomo che si batté, insieme agli altri irredentisti, perché il Trentino diventasse italiano e si concludesse, in tal modo l’Unificazione. Era un socialista, un uomo di sinistra, fu amico del giovane Mussolini che scriveva per “Il Popolo”, il suo giornale. Il Fascismo esaltò in senso troppo nazionalista la sua figura perché l’Italia repubblicana potesse, poi, riappropriarsene con equilibrio. Di nascita mezzo nobile e mezzo borghese, prese a cuore le condizioni delle classi più deboli, nella sua regione, che era, all’epoca, una delle più povere dell’Impero asburgico.

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Nel ’14 comprese che l’unica via era quella di staccare il Trentino dall’Austria manu militari; passò il confine, divenne un acceso interventista, tenendo ben 85 discorsi in tutta Italia. Alle parole fece seguire i fatti: si arruolò volontario come soldato degli Alpini, chiedendo di combattere in prima linea. Per il suo valore fu promosso ufficiale. Il 10 luglio del ’16 fu catturato in azione dai Landesschützen di Cecco Beppe. L’attacco italiano era mirato a conquistare il Monte Corno, sul Pasubio, una vera spina nel fianco per il Regio esercito, poiché da lì gli austriaci potevano orientare il fuoco su ogni obiettivo nella vallata. L’attacco fu respinto e la ritirata italiana impedita da uno sbarramento d’artiglieria. Il tenente Battisti fu catturato insieme al suo sottotenente Fabio Filzi, altro eroe dell’irredentismo. Declinò subito le sue generalità, senza batter ciglio, e fu immediatamente riconosciuto come il “traditore” dell’Austria.

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Ancor oggi qualche nostalgico asburgico cancella la parola “martire” dalla lapide commemorativa che ricorda la sua cattura sul Monte Corno. Solitamente, traditore è uno che cambia casacca, all’improvviso, ma Battisti erano almeno 15 anni che conduceva la propria guerra politica contro l’Austria Ungheria, a viso aperto, addirittura nella funzione pubblica di deputato alla Camera di Vienna e alla Dieta del Tirolo. Al processo dichiarò fieramente: « Ammetto di aver svolto, sia anteriormente che posteriormente allo scoppio della guerra con l’Italia, in tutti i modi – a voce, in iscritto, con stampati – la più intensa propaganda per la causa d’Italia e per l’annessione a quest’ultima dei territori italiani dell’Austria […] Rilievo che ho agito perseguendo il mio ideale politico che consisteva nell’indipendenza delle province italiane dell’Austria e nella loro unione al Regno d’Italia».

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Trento non ha dimenticato il suo martire. Oggi, presso il Castello del Buonconsiglio si è aperta una mostra: “Tempi della storia, tempi dell’arte. Cesare Battisti tra Vienna e Roma” realizzata in collaborazione con il Museo storico del Trentino, il Museo Storico Italiano della Guerra (che ha prestato le giubba militare di Battisti, insieme a quelle di Fabio Filzi e Damiano Chiesa), la Fondazione Bruno Kessler, l’Accademia Roveretana degli Agiati e la Società di Studi Trentini di Scienze storiche. La mostra, che rimarrà aperta fino a ottobre, ripercorre l’attività di Cesare Battisti geografo, politico e militare, e ricostruisce l’immagine che ne è stata data nei decenni successivi. Una mostra ambiziosa e importante, che farà riflettere sui molti aspetti della sua vita di leader politico e di uomo di cultura.

 

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