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La soia e un microbioma intestinale sconfiggeranno le malattie cardiovascolari?

La soia è un legume molto conosciuto e diffuso nell’alimentazione mondiale soprattutto in Cina e Giappone. Esistono diversi cibi contenenti questo alimento come il latte di soia, la farina di soia, la salsa di soia e il tofu. La soia viene spesso utilizzata come alternativa alle carni poiché contiene proteine di origine vegetale ma, come la maggior parte degli alimenti, presenta anche dei lati negativi. Questo legume è ricco di “isoflavoni”, una serie di composti chimici che hanno dimostrato sia effetti benefici che dannosi. Nelle donne infatti gli isoflavoni possono portare alla riduzione del quantitativo di latte durante l’allattamento e allo sviluppo di tumori, durante la menopausa, in donne che hanno precedentemente avuto il tumore al seno. I lati positivi possono essere considerati la riduzione dei sintomi della menopausa, come le vampate di calore e l’accumulo di grasso, e una maggiore sopravvivenza per le donne con tumore.

Recentemente in Giappone è stato condotto uno studio che dimostra come il rischio dell’insorgenza di malattie cardiovascolari sia associato ad una dieta ricca di soia però, sulla base di questi risultati, studi effettuati negli USA hanno dato un resoconto diverso. I ricercatori della “University of Pittsburgh” e del “National Cerebral and Cardiovascular Center” di Osaka, perciò hanno ipotizzato che questa differenza derivi dalla capacità degli individui di produrre equolo. Questa sostanza si ottiene dal processo metabolico della daidzeina, ovvero uno degli isoflavoni della soia, ad opera dei batteri intestinali. Questi sono stati isolati dalle feci umane e animali e sono stati identificati come batteri anaerobi, a forma di bastoncino e Gram positivi, un esempio può essere il batterio Lactococcus.

Si è potuto notare che la percentuale di giapponesi in grado di produrre equolo fosse maggiore rispetto alla percentuale americana, e ciò rende evidente anche il diverso consumo di soia tra i due Paesi. Un consumo elevato di soia infatti aumenta il livello di bifidobatteri e lattobacilli intestinali, modificando la flora batterica. Bisogna ricordare che questi permettono la produzione di equolo.  

Successivamente è stato effettuato uno studio per evidenziare il rapporto tra la soia e il microbioma intestinale. Lo studio si è basato sulla selezione di un campione di popolazione giapponese di 303 uomini di età compresa tra i 40 e i 49 anni che presentassero determinate caratteristiche. Non dovevano presentare malattie cardiovascolari, diabete di tipo 1 e altre patologie croniche, e non dovevano essere soggetti che consumano alcol eccessivamente. Ad ogni soggetto è stato prelevato del sangue per valutare i livelli sierici di equolo e da ciò è emerso che il 16% del campione di popolazione riuscisse a produrre equolo.

Questa percentuale inoltre aveva una riduzione del 90% di calcificazione coronarica, che riduce il rischio di sviluppo di patologie cardiovascolari. Lo studio ha dimostrato che non siano effettivamente gli isoflavoni a dare protezione e benefici bensì la presenza di un determinato microbioma intestinale in aggiunta al consumo di soia.

Sono stati condotti altri studio sull’equolo e si è dimostrato che esso protegge sia a livello cardiaco sia a livello cerebrale, diminuendo l’incidenza della demenza. Ovviamente saranno effettuate altre ricerche a riguardo però dopo diverse osservazioni è stato consigliato introdurre la soia nella nostra alimentazione.

Laura Siragusa V C BS

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