mercoledì, Aprile 24, 2024
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Dal passato la bussola per il futuro

Quattro mesi fa il MIUR ha deciso di cancellare la traccia di storia nella prima prova scritta della maturità. Il Ministero della Formazione sancisce, in sostanza, che, nella formazione degli studenti, lo studio del passato è irrilevante, perde centralità, non è più una bussola prioritaria nel maremoto della contemporaneità.

La perdita di prestigio della storia è testimoniata, a livello accademico, dalla decisa diminuzione di docenti e studenti: la storia tende a scivolare tra le materie neglette, a vantaggio di economia, ingegneria, tecnologia. L’ansia di un buon impiego da parte di famiglie e studenti spiega solo in parte la marginalizzazione della storia. Il terreno è insidioso e la domanda è antipatica: i professori sono ancora capaci di rendere affascinante lo studio del passato? Non basta comportarsi come le oche del Campidoglio, è necessaria una svolta sul piano didattico: la storia deve essere trattata come una scienza applicata.

Chi erano i barbari, i migranti di allora? La persecuzione novecentesca cosa ha significato per la vita delle famiglie ebree? Come si vive in un Paese impegnato a combattere una guerra e cosa lascia questa alla fine? Un Paese che tende a isolarsi, a chiudersi, che ritiene di essere autosufficiente, che non tollera e disprezza, che conseguenze farà pagare ai propri cittadini?

La storia ha perso potere perché non garantisce carriere brillanti e perché non sempre è insegnata in maniera accattivante e aggiornata. Ma questa marginalità ne riflette un’altra, testimoniata dalle criticabili scelte del Ministero sui temi della maturità: la crisi della funzione sociale della storia. Un tempo la conoscenza storica era, se non proprio la via maestra, almeno una sorta di bussola con cui il ceto colto formulava il proprio giudizio sulla contemporaneità, sui processi e sulle leadership. Oggi la storia non esercita più lo stesso ruolo. Al suo posto esiste una generica curiosità per il passato, risolta spesso in chiave di intrattenimento. E così ci si condanna a una marginalità coltivata attraverso insignificanti micronazionalismi. Cresce in modo sempre più preoccupante la rivendicazione secondo cui non esiste una verità storica, ma una verità sempre relativa e facilmente falsificabile.

In termini civili e culturali, la perdita di prestigio della storia ha conseguenze devastanti. Chi ignora la storia è capace di svolgere un esercizio pieno della cittadinanza?

Si può ritenere in pericolo il modo stesso di organizzare il pensiero, un tema che coinvolge l’esercizio consapevole della democrazia. <<Un tempo – ci spiega il professor Charles Maier, studioso dell’università di Harvard e decano degli storici americani – la struttura della conoscenza si articolava intorno a un racconto di eventi disposti in una sequenza temporale, mentre oggi la formula che ci permette di anticipare il futuro è un algoritmo. Riuscirà la storia a sopravvivere all’algoritmo?>>. La domanda rimane aperta. Certo è che senza conoscenza della storia sarà difficile cogliere il senso del cambiamento. Ma i funzionari del Ministero che decidono su quali temi e problemi gli studenti debbano impegnare la propria riflessione, avranno mai letto Marc Bloch?

Prof. Barresi Franco

Istituto Comprensivo “Bastiano Genovese”

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