venerdì, Aprile 19, 2024
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Saper pensare per essere liberi

La libertà. La libertà non invecchia mai, o meglio non dovrebbe. Il diritto alla difesa di essa è certamente di fondamentale importanza. Probabilmente perché è tuttora un obbiettivo parzialmente lontano da raggiungere, oppure perchè è un’abitudine che temiamo di scordare, o che forse mescoliamo con tutto il resto. Per secoli i più grandi filosofi della storia hanno cercato spiegare cosa è la “libertà”.

Andando a ritroso nel tempo, 3000 anni fa presso i Greci si pensava che la libertà fosse relativa all’impegno in campo della politica, quindi era più un concetto riguardante la cultura, si mostrava come la prova del loro essere superiori rispetto ad altre civiltà non greche, “barbare” come le definivano. Un po’ più tardi i filosofi cristiani ritenevano che derivasse dal libero arbitrio, dono di Dio, ma che fosse inferiore alla spinta del peccato Originale, il quale dà vita al tipico dualismo della concupiscenza, cioè il predominio della materia sullo spirito. La libertà cristiana è quindi ciò che avvicina l’anima a Dio, e lo è tuttora.

Facendo ancora un passo avanti, per il filosofo tedesco dell’Ottocento Schopenhauer era essenzialmente la “noluntas”, ovvero il contrario della voglia di vivere, la separazione da tutto ciò che doveva essere il fine ultimo del percorso di ogni essere umano. Se nel mondo di oggi facessimo questa domanda, molti risponderebbero che “la libertà è quando un individuo può fare ciò che vuole”. Ma, è davvero così? Non proprio, perché questa, più che libertà, è anarchia. Uno spunto di riflessione particolarmente interessante per la comprensione del concetto di libertà è quello che ci dà Giorgio Gaber nella sua canzone intitolata appunto “La libertà”. Secondo il cantautore italiano, infatti, “libertà è partecipazione”. Partecipare vuol dire “essere parte di…” e pertanto essere inclusi in un determinato contesto. Libertà non è dunque dove non esistono limitazioni, ma piuttosto dove queste vigono in maniera armoniosa, e di conseguenza, non oppressiva. Per l’artista, quindi, essere liberi non significa, banalmente, poter fare tutto ciò che si vuole, come “star sopra un albero” lasciandosi in questo modo trasportare da una dionisiaca ubriacatura di indipendenza.

Insegnare a pensare

Ha invece un significato molto più complesso: la piena libertà dell’uomo che si concretizza quando ogni individuo ha la possibilità di sentirsi partecipe del mondo e di ogni singola scelta riguardo la propria esistenza, senza essere costretto ad affidare in maniera passiva ad un altro l’incarico di dirigere l’andamento della propria vita. Gaber vuole descrivere il suo essere libero, ma con una concezione diversa rispetto al valore che spesso si attribuisce all’aggettivo. Nel testo si può leggere che “un uomo appena nato” non è libero, non lo è perché non ha ancora conosciuto la cattiveria che è oggi presente nella società, né tantomeno è libero colui che segue il proprio istinto, paragonato infatti ad un animale. Libero non è l’uomo che vive nella natura e combatte i problemi con superficialità, non lo sono tutte le persone che si definiscono libere solamente perché vivono in uno Stato di democrazia. Quest’ultime, infatti, partecipano alle decisioni politiche e lo fanno votando, ma allo stesso tempo vengono comandate da colui che hanno scelto di votare, quindi “nel farsi comandare hanno trovato la loro nuova libertà.” Infine l’autore cita gli intellettuali, che credono di essere liberi nel loro sapere affermando che la libertà stia unicamente nel pensiero e nella cultura. Il ritornello riassume in quattro versi ciò che per Gaber NON è libertà:

“La libertà non è star sopra un albero,

non è neanche un gesto o un’invenzione,

la libertà non è uno spazio libero,

libertà è partecipazione.”

Nel primo verso Gaber fa riferimento a coloro che collegano le aree incontaminate con la libertà, nel secondo cita invece gli intellettuali, che si definiscono uomini liberi grazie alla loro cultura. “La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”, scrive infine il cantautore negli ultimi due versi. E con il termine “partecipazione” egli intende la partecipazione a quello che accade, a non lasciarsi influenzare e a ragionare con il proprio cervello. Questa è la vera libertà per il grande Giorgio Gaber, questa credo sia la vera forma di libertà anche per me.

Martina Crisicelli

Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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