venerdì, Marzo 29, 2024
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La meraviglia della diversità

Con il termine bullismo si intende quel fenomeno che indica l’insieme di violenze o prepotenze a livello fisico, verbale o psicologico fatte subire ad un individuo da una persona coetanea o non. Proprio il tema del bullismo, tra i tanti, tratta il libro “Wonder”, capolavoro della scrittrice R.J. Palacio, da cui poi è stata tratta anche la versione cinematografica.

“Wonder” è in particolare una storia che rispecchia a tutto tondo e che mette in evidenza la brutalità di questa grave piaga sociale, ma la affronta in modo tale da riflettere parallelamente su tante altre situazioni: innanzitutto sulla diversità, sull’accettazione di se stessi e degli altri, sulla consapevolezza di quelli che sono i nostri limiti posti davanti a certe prove e anche sulle difficoltà che non solo l’individuo stesso deve affrontare, ma anche la sua famiglia, conscia di avere un figlio con delle problematiche. “Wonder” è la storia di un ragazzino, Auggie Pullman, nato con una grave malattia craniofacciale, la cosiddetta “Sindrome di Treacher-Collin”, che lo ha costretto a subire numerose operazioni chirurgiche al volto, ben ventisette, tutte con il fine di poter migliorare le sue condizioni di salute e permettergli, per esempio, di vedere e sentire meglio, costringendolo tuttavia ad un aspetto che non gli consentirà di vivere comunque una vita del tutto “normale” a causa dei pregiudizi della gente.”Wonder”, però, racconta questi temi in modo differente dalle comuni storie di bullismo: sia nel libro che nel film, infatti, non ci viene presentato, come avviene di solito, solo il punto di vista del nostro protagonista, Auggie, e il suo modo di vedere le cose, di interagire con la società, di pensare o di comportarsi in relazione alle situazioni che deve affrontare, ma abbiamo anche il punto di vista della sorella, ovvero Olivia, della migliore amica di lei, ovvero Miranda, e del migliore amico di Auggie, ovvero Jack.

Le condizioni problematiche del figlio hanno portato i genitori di Auggie a scegliere, almeno fino all’età di 11 anni, di farlo istruire direttamente a casa dalla madre stessa, Isabel, per la paura che il suo aspetto potesse condizionarlo a tal punto da compromettere anche il suo modo di relazionarsi. Però quando arriva per il ragazzo il momento di dover frequentare le scuole medie, i genitori decidono che è ora di affrontare il mondo reale, brutale ma sicuramente più concreto, e così lo iscriveranno in una scuola pubblica dove dovrà fare i conti con tutte le angosce, le paure e le ansie che questo comporterà. Auggie non vivrà più in quella sfera di cristallo in cui era stato protetto fino ad allora grazie alla tenacia e all’amore della sua famiglia, ma si scontrerà direttamente con tutte le problematiche che un normale adolescente vive già di suo, ma che nel suo caso vengono amplificate. Questa storia ci mostra l’umanità e la fragilità che ci sono dietro alla diversità e lo fa facendoci capire quali possano essere le conseguenze di un atto di bullismo, che annienta la persona che ne è vittima e tutti coloro che ha intorno.

Essa ci mostra tuttavia anche gli altri personaggi che, direttamente o indirettamente, hanno a che fare con il protagonista, e le difficoltà che per conto loro dovranno in qualche modo affrontare. Da una parte troviamo la figura dei genitori che, con tutto il loro amore, si mettono in discussione pur di proteggere Auggie ma non si rendono conto che intanto anche l’altra figlia, molto fragile, ha bisogno disperatamente del loro. Anche Via, infatti, soffre molto per la situazione del fratellino, al quale è molto legata, perchè come Auggie si ritrova ad affrontare con disagio le relazioni con i suoi coetanei proprio mentre la sua unica vera amica, Miranda, a causa di alcuni problemi in famiglia, decide di allontanarsi temporaneamente da lei. Alla fine della storia, però, le due si ritroveranno e si scoprirà che l’allontanamento della ragazza è stato influenzato dal desiderio profondo di avere anche lei una famiglia così unita e soprattutto avere un fratello unico e speciale come Auggie, che Miranda ha sempre adorato. Dall’altra parte abbiamo poi anche il migliore amico di Auggie, Jack Will, che sperimenta sulla sua pelle le difficoltà di difendere un’amicizia con una persona diversa. Nella storia vengono anche rappresentati due aspetti del nostro tempo: da una parte troviamo una società adulta e matura che, tra le lacrime, le risate e i messaggi di denuncia e riflessione, ci mostra una vita reale pronta all’accettazione e alla protezione del diverso; e dall’altra una società crudele e immatura che si fonda sui pregiudizi e l’ignoranza, l’indignazione e il disprezzo. “Wonder” è dunque una storia di bullismo e pregiudizi, ma anche di amore e consapevolezza, una storia che racconta di come in una società meschina un innocente ragazzino di 11 anni riesce a farsi accettare dalle persone che gli stanno intorno grazie alla sua personalità e alla sua intelligenza e a cambiare lo sguardo di chi lo circonda, proponendo qualcosa di nuovo e facendo capire che il segreto per affrontare le difficoltà sta nell’andare avanti e nel non mollare mai, perchè prima o poi qualcuno ci osserverà più attentamente, si prenderà di coraggio e si siederà accanto a noi, e da due diventeremo cento.

Inoltre nella diversità si possono ritrovare unicità e bellezza, così come il nostro modo di guardare le cose può riuscire a farci intravedere la “meraviglia del diverso”. Il libro e il film, quindi, ci fanno cogliere a pieno questo messaggio, riportato al meglio in una frase molto riflessiva pronunciata dal piccolo Auggie alla fine del film che ne rende esplicito il significato. “Ma in fondo è proprio questo il punto – dirà avanzando verso la sua premiazione di fine anno – Forse la verità è che davvero non sono normale. Forse se sapessimo quello che passano gli altri capiremmo che nessuno è normale e che tutti meritano uno standing ovation almeno una volta nella vita. Siate gentili, perchè tutti combattiamo una battaglia dura e se vuoi vedere davvero come sono fatte le persone non devi fare altro che… guardare!”.

Noemi Pelleriti

Classe III, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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