venerdì, Aprile 19, 2024
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I “femminicidi” ormai una piaga sociale

Uno dei temi più d’attualità e sensibili degli ultimi anni è purtroppo il femminicidio, un fenomeno che assume le forme di una vera piaga sociale, triste neologismo dei nostri tempi. Oltre cento donne solo in Italia ogni anno vengono uccise da uomini, quasi sempre quelli che sostengono di amarle e ai femminicidi si aggiungono le violenze quotidiane. Sono infatti migliaia le donne molestate, perseguitate, aggredite, picchiate, sfregiate; quasi 7 milioni, secondo i dati Istat, quelle che nel corso della propria vita hanno subito una forma di abuso. Nel 2016 se ne sono contate 120 e anche nel 2017 la media è di una vittima ogni tre giorni. Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9%) in famiglia”. La violenza domestica, per definizione, consiste in una serie continua di azioni diverse ma caratterizzate da uno scopo comune: il dominio e controllo da parte di un partner sull’altro, attraverso violenze psicologiche, fisiche, economiche, sessuali. La nostra società purtroppo, nonostante l’emancipazione femminile e l’istituzione di una “Giornata Internazionale” per l’eliminazione della violenza contro le donne, rimane spesso ancorata a una cultura maschilista. Spesso poi le donne si trovano in posizione economica, fisica e psicologica subordinata all’uomo e non hanno i mezzi o la capacità di reagire. Violenza, comunque, sono tutte quelle azioni che si compiono contro la volontà di una donna e l’intervento della polizia, dei magistrati, la certezza della pena sono fondamentali nella lotta a tale prevaricazione, ma non sufficienti se il problema non è percepito come tale nel tessuto sociale. La questione è prima di tutto culturale e va affrontata dal basso, partendo dalle scuole e dai giovani, insegnando loro “un’educazione ai sentimenti e all’empatia sin dai primi anni di scuola e di socializzazione”, per combattere contro i modelli sessisti e gli stereotipi che vogliono l’uomo cacciatore e la donna preda. Il silenzio è ovviamente la forma peggiore di accettazione.

La violenza sulle donne è un dramma di non facile risoluzione. Questo non vuol dire che non si possa far nulla per cambiare la realtà: basterebbe partire dall’assunto che non esistono assolutamente differenze tra gli uomini e le donne, che queste ultime andrebbero trattate esattamente allo stesso modo, che abbiamo tutti gli stessi diritti e la stessa dignità e che, se una sera una donna ha voglia di indossare una gonna corta, nessuno autorizza a pensare male di lei e, di conseguenza, a decidere come usurpare il suo corpo, che siano parole o terribili gesti.

Le scarpe rosse sono diventate simbolo della lotta contro il femminicidio e la violenza contro le donne, grazie ad un’artista. Era il 27 luglio del 2012 quando Elina Chauvet le utilizzò per la prima volta in un’installazione artistica pubblica davanti al consolato messicano di El Paso, in Texas, per ricordare le centinaia di donne uccise nella città messicana di Juarez. L’artista ha vissuto a Ciudad Juárez, in Messico, negli anni della sua formazione universitaria in architettura, ed è stato allora che ha potuto constatare il fenomeno della sparizione delle giovani donne e del ritrovamento dei loro corpi senza vita nel deserto. Allo stesso tempo Elina ha notato come la città e le autorità minimizzassero il problema. Così l’artista ha deciso di rompere, attraverso il suo lavoro, l’omertà e il silenzio che avvolge questa situazione. Nel 2009 Elina ha dunque raccolto tra conoscenti trentatré paia di scarpe e le ha installate nello spazio urbano di Juárez. Dopo il primo “Zapatos Rojos” ha atteso due anni per rifarlo, ma questa volta a Mazatlan, nello stato di Sinaloa, e di scarpe, grazie al passaparola generato dall’installazione a Juárez, ne sono state donate trecento. Oggi sono diventate a livello mondiale un messaggio contro la violenza e i femminicidi, al pari della campagna #postooccupato per ricordare coloro che, uccise brutalmente, non possono più occupare un loro posto nella società.

 

Francesca Giunta

Classe I, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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