venerdì, Aprile 19, 2024
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I balconi degli altri

La lettura dell’articolo “Ho un balcone nel cuore”, pubblicato su L’Ettore il 21 maggio scorso, ha suscitato in molti amici diverse considerazioni sull’argomento. Ovviamente mi ha fatto piacere aver provocato un tale interesse. Con il loro consenso, ho raccolto alcuni di questi pensieri, fatti di istantanee fulminanti e ricordi articolati, quasi dei racconti minimi.

 

A proposito di caffè

pietro_messina

Io non prendo caffè, ma ho avuto il tempo per assaporare la lettura dell’articolo; un po’ come facevo da mia nonna con il balcone rivolto verso l’orizzonte.

La bimba impunita

catia_novara di sicilia

Ho fatto un tuffo nel passato; quando mi arrampicavo dappertutto, per la disperazione di mia madre.

Un pensiero sintetico

massimo_messina

La memoria ti trascina dentro la narrazione e ti fa diventare protagonista.

 Il giro d’orologio

viki_messina
La prima parte mi ha reso nostalgica, pensando alla mia infanzia.

 Un’immagine precisa

fabio_messina

Fatti raccontare da Max della nostra vecchia dei palloni roccati!

 Ha ragione lei

palmira_messina

Tutto verissimo. Poi i balconi servono anche per cuttigghiare con la vicina!

Mondi paralleli

giusy_milano

Sembra di essere lì. Mi fa tornare ai miei ricordi d’infanzia; diversi ma comunque uguali, per quel tipo di pensiero, di educazione, di sogni.

 Io che non ce l’ho

silvia_fiano romano

Dopo aver letto questo articolo penso che non si possono vivere delle emozioni senza avere un balcone o comunque senza averlo avuto in una fase della propria vita.

 Quasi come me

guido_messina_firenze
Pensa che io amo prendere il caffè nel balcone qui a Firenze, ottavo piano, guardando monte Morello da un lato e un quartiere verde dall’altro. Penso che ora apprezzerò il tutto in modo più consapevole.

 La versione dell’architetto

claudio_messina
Un ritratto accattivante di una delle parti architettoniche più potenti di un edificio. Portatori di notevoli doti comunicative, i balconi raccontano storie diverse da quelle delle finestre, proprio per il loro lanciarci all’aperto sul vuoto.

 Dentro la memoria

frank_messina
L’articolo mi riporta indietro; ritorno al passato. La memoria talvolta innesca meccanismi straordinari che ci fanno rivivere episodi già visti. Processioni viste passare, di cui si sentono addirittura gli odori. Tornatore però è solo al cinema. Non è che sei tu, per caso, l’uomo delle stelle?

 Era tutto lì

luciana_catania

Sono nata e cresciuta al settimo piano. Quante ore passate su quel balcone! Le gambe penzoloni infilate tra le barre della ringhiera e le mattonelle che in estate andavano diventando roventi. Oppure sotto la tenda a studiare; in estate a leggere: quando rientravo a casa vedevo tutto verde. Quanta vita su quel balcone. A proposito: I Quindici li avevo anche io e Madama Cirimbriscola l’ho raccontata giorni fa a mia figlia (corsi e ricorsi) e lei ogni tanto mi ripete: pesci a pascer l’erba!

Dovevo tornarci prima o poi

francy_messina

Bimba, anni ’70, balcone al secondo piano. Purtroppo a diciassette anni cambio casa per un pianterreno. Fu un trauma. Con il mio ex, due case sempre a pianterreno. Ora abito al quinto piano, con vista sul cimitero, ma in lontananza! Però vedo il Pilone e lo Stretto. Adoro la vista da casa mia e i miei piccoli balconi. Li amo più dei terrazzini perché vedere tutto dall’alto non ha prezzo. La Bellavista conta!

 Il balcone di nonna

elena_pontedera
Quanti pensieri. Avevo un balcone anch’io su una chiostra: ci facevo la lezione e ci chiacchieravo tanto, con tutti i bimbi dei palazzi vicini. Avevo un balcone anche da mia nonna. Grandissimo e ci pattinavo. Mezzo era stato buttato giù dalla guerra e nonna per nascondere il muretto posticcio, mai sistemato, ci metteva i vasi di bocca di leone.

Il tutto e l’opposto

gabriella_forlì

Quanti pensieri hai smosso! Abito nella stessa casa dal ‘78; un ultimo piano con terrazza che il linguaggio capitalistico ha poi elevato ad attico. Centoventi metri quadrati di terrazza. La prima volta che venni con i miei a vederla avevo sette anni e quando mi ritrovai su quello spiazzo deserto bombardato dal sole mi sembrò un posto stranissimo. Ero fuori, ma dentro. Nel corso degli anni questa terrazza è stata mille terrazze. Piena di amici e abbandonata. Rigogliosa di piante e riarsa tabula rasa. Coperta di neve e dilatata dal sole. Specchio di vita nuova e memento del nulla. Prima di partire era l’ultima cosa che guardavo e la prima a cui pensavo ritornando. Capisco quel titolo. Anch’io ho un terrazzo nel cuore.

 Un mondo (forse) scomparso

pina_caltabellotta_milazzo
Vivo a Milazzo da trentaquattro anni, ma sono di Caltabellotta. Pure io da piccola ho imparato ad amare i balconi stando da mia nonna. I suoi erano pieni di vasi enormi di gelsomini e ogni mattina raccoglievamo insieme tantissimi fiori con i quali riempivamo i posacenere di tutte le stanze. I balconi sono prolungamenti della casa, il palco all’opera del mondo. Sono stata nella mia città per qualche giorno questa settimana. Ancora ieri parlavo dal mio balconcino con le vicine affacciate ai loro: è un modo di comunicare con gli altri difendendo, tuttavia, la propria intimità. Tu parli della processione della Madonnina sotto il balcone della nonna. In occasione delle processioni, qui sulle ringhiere dei balconi venivano stesi i copriletto più belli, ricamati o in seta; tranne nei balconi delle case in cui c’era stato un lutto recente. In quel caso i balconi restavano chiusi per diversi mesi e venivano tolte pure le piante che normalmente li adornavano. Nei balconi le donne mettevano a seccare i fichi e i pomodori e facevano asciugare al sole la passata per preparare l’estratto, lu strattu. In ogni balcone c’era la gabbia del cardellino e il vaso di basilico. Però il ricordo che mi fa veramente impazzire è la gioia che provavo quando, dopo i rigidi mesi invernali (il paese è a 900 metri d’altezza) cominciavo a sentire la musica dalle radio delle case, che si diffondeva in strada grazie ai balconi aperti. Per me questa era la fine dell’inverno e l’inizio dell’estate; la stagione che ho sempre amato!

 Quando chi normalmente legge e chi abitualmente scrive s’invertono di ruolo, può innescarsi un gradevole cortocircuito in cui le emozioni si rimandano e si rispecchiano vicendevolmente.

Scusandomi per le necessarie – ma minime – limature ai loro testi, ringrazio infinitamente: Pietro Giacopello, Catia Catalfamo, Massimo Chillemi, Vasiliki Caragalidis (Viki), Fabio Currò, Palmira Sparacino, Giusy Baffi, Silvia Cantalamessa, Guido Campo, Claudio Marchese, Franco Pastone (Frank), Luciana Sciatà, Francesca Miragliotta (Francy), Elena Garruccio, Gabriella Maldini e Pina Tortorici per aver condiviso pubblicamente il loro pensiero emotivo.

 

Francesco Galletta

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