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Le “guerre jugoslave”: un genocidio nel cuore dell’Europa

Nel corso del Novecento nel cuore dell’Europa sono scoppiate due terribili guerre mondiali, la prima dal 1914 al 1918 e la seconda dal 1939 al 1945, ma non meno cruenti sono stati gli ultimi conflitti che, una decina di anni dopo la morte di Tito, hanno colpito la Repubblica Socialista Federale Jugoslava, causandone tra il 1991 e il 2001 la dissoluzione. Ci sono state infatti in quegli anni in questi paesi, da sempre tormentati, sanguinose guerre civili, genocidi e devastazioni che hanno segnato gran parte della regione Balcanica.

Diverse sono le motivazioni alla loro base e la più importante è il nazionalismo imperante nelle diverse repubbliche a cavallo fra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, in particolare in Serbia, Croazia e Kosovo, ma in misura minore anche in Slovenia e nelle altre regioni della Federazione, con una propaggine finale nel XXI secolo con il conflitto nella Repubblica di Macedonia del 2001. Le Guerre Jugoslave hanno in totale causato più di 3 milioni di profughi, oltre a immensi danni per il territorio e l’economia della regione, ma le ferite sono state soprattutto negli animi di chi coloro che sono sopravvissuti. In seguito alla dichiarazione d’indipendenza della Repubblica Slovena e di quella della Croazia, sancita da referendum popolari nel 1991, il Governo Federale Iugoslavo, guidato dal serbo Slobodan Milosevic, inviò infatti le sue truppe in Slovenia, ma l’intervento diplomatico degli Stati europei determinò il cessate il fuoco dopo appena una decina di giorni. Le truppe federali serbe però passarono in Croazia e, con il pretesto di liberare le popolazioni serbe della pianura della Slavonia e della regione montuosa della Krajina, commisero terribili crimini di guerra ai danni della popolazione croata. Una forza di protezione internazionale intervenne a difesa della Croazia e sancì l’indipendenza del paese, come quella della Slovenia, della Macedonia e della Bosnia-Erzegovina, che era stata riconosciuta dalla comunità internazionale.

Mostar

Le città-simbolo delle Guerre Jugoslave, dove le ingenti perdite umane, gli episodi di particolare crudeltà nei confronti della popolazione civile, la distruzione delle infrastrutture e del patrimonio artistico hanno lasciato un segno indelebile, sono Mostar, Vukovar, Sarajevo e Dubrovnik, l’antica Ragusa. Tristemente celebre la strage al cimitero di Sarajevo, quando i cecchini serbo-bosniaci, tiratori appostati in luoghi nascosti, colpirono all’improvviso la popolazione civile durante un funerale. Sarajevo, del resto, era stata per secoli luogo di convivenza pacifica di ben tre etnie e religioni: cristiano-croata, serbo-ortodossa e bosniaco-musulmana. Con la fine della Federazione e l’alimentarsi dei vecchi rancori, l’equilibrio si è rotto e i rancori tra i gruppi hanno dato il peggio di sè nel cuore della “civilissima” Europa.

cimitero bosnia

La molteplicità delle etnie, delle tradizioni, delle vicende storiche che da sempre costituiscono una ricchezza del continente europeo, infatti, si sono così trasformate tragicamente in forme di nazionalismo, in scontri feroci anche all’interno di una stessa popolazione, per dirlo con un solo termine in un “genocidio”. L’ultima fase delle Guerre jugoslave riguarda in particolare il Kosovo, provincia autonoma della Serbia con una popolazione in maggioranza albanese. Le crescenti aspirazioni della regione all’indipendenza spinsero la Serbia di Milošević a inasprire la repressione e, dopo gli inutili appelli della comunità internazionale per il ritiro delle truppe serbe dal Kosovo, solo nel marzo del 1999 la NATO sferrò un’azione militare contro le città della Serbia. Per quasi tre mesi Belgrado fu bersaglio dei bombardieri americani e britannici, cosicché a giugno Milosevic ritirò le truppe dalla regione contesa, mettendo fine a questo tragico periodo che ha insanguinato i territori della ex-Jugoslavia, un periodo in cui l’uomo è tornato a dare il peggio della propria specie violando ripetutamente tutti i diritti umani e ha lasciato, anche a distanza di oltre 20 anni, strascichi di odio, desiderio di vendetta e intolleranza etnica talvolta ancora vivi.

Francesco Giunta

Classe II, Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.

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