venerdì, Aprile 19, 2024
Il bello del MajoranaParliamo di....Scienza

Dubbi sulle etichette commerciali? Ci pensiamo noi…

L’obiettivo di questa esperienza laboratoriale è di valutare se il grado di acidità dell’aceto commerciale riportato sull’etichetta sia conforme a quello calcolato sperimentalmente.

Come sappiamo, l’aceto è un liquido limpido di colore giallo oro oppure rosso, a seconda delle materie prime di partenza che possono essere vini sani, vini con acidità volatile superiore a quella dei vini destinati al consumo diretto o vini provenienti da mosti con gradazione alcolica inferiore.

L’aceto si ottiene dalla fermentazione acetica prodotta dall’azione di batteri Gram negativi del genere Acetobacter che, in presenza di aria e acqua, ossidano l’etanolo contenuto nel vino, trasformandolo in acido acetico. Ed è proprio quest’ultimo, la cui formula chimica è CH₃COOH, il componente presente in maggiore quantità nell’aceto, che insieme ad altri acidi come l’acido tartarico ne determina l’acidità.

La legislazione italiana stabilisce che un aceto per essere definito tale, deve presentare un’acidità totale espressa in acido acetico non inferiore a 6 g per 100 ml.

Tramite titolazione alcalimetrica andremo a determinare la concentrazione effettiva.

Il reattivo titolante è una soluzione di idrossido di sodio NaOH 0.1N che non è una sostanza madre in quanto viene venduto in pasticche che a contatto con l’aria assorbono l’umidità, si liquefanno e sono facilmente carbonatabili, perché reagiscono con la CO2 atmosferica e si ricoprono di uno strato di bicarbonato di sodio. Per questo motivo non possono essere preparate soluzioni a titolo noto direttamente per pesata, ma possono essere usate delle “Normex”, soluzioni già standardizzate.

L’indicatore usato per determinare il “punto di fine titolazione” è la fenoftaleina.

Per progettare correttamente la titolazione, è necessario convertire la concentrazione del 6% m/v di acido acetico in Normalità (equivalenti/litro) in modo tale da valutare una eventuale diluizione dell’aceto ed evitare un eccessivo consumo di idrossido durante la titolazione.

Dai calcoli si evince che la concentrazione del 6% m/v di CH3COOH equivale a una soluzione circa 1N; risulta quindi conveniente diluire 10 volte l’aceto, in modo tale che la sua concentrazione risulti confrontabile a quella di NaOH. Preparate le due soluzioni, si prelevano 20 ml di aceto diluito tramite una buretta, versandoli in una beuta, si aggiungono 2-3 gocce di indicatore fenoftaleina e si titola goccia a goccia con l’idrossido, mantenendo la beuta in costante agitazione, fino al viraggio da trasparente a rosa dell’indicatore e si registra il volume di soluzione consumato. Si ripete la titolazione una seconda volta e si effettua una media dei valori di volume di idrossido.

NaOH + CH3COOH → CH3COONa + H2O

Al punto di equivalenza cioè nel momento in cui la soluzione da incolore diventa rosa pallido, gli equivalenti di acido acetico saranno uguali a quelli di NaOH.

Eq NaOH= Eq CH₃COOH

g CH₃COOH = N NaOH   · V NaOH  · ME CH₃COOH = 0,1 · 20,13 · 60 = 0,1208 g  in 20 ml di aceto diluito

Ricordandoci di moltiplicare questo valore per il fattore di diluizione (nel nostro caso 10)

0,6039 ·10 = 6,039 g in 100 ml di aceto

Confrontando il valore della concentrazione riportato sull’etichetta con quello ottenuto sperimentalmente si nota che questi sono molto vicini e si può ritenere veritiero ciò che viene scritto, perché verificato da noi ragazzi tramite una semplice attività laboratoriale.

La chimica non si studia solo in modo teorico ma deve essere praticata anche sperimentalmente e, perché no, anche nella vita quotidiana!

Pino Silvia IV E BS

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