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Persistent Organic Pollutants: Furani.

Gli inquinanti organici persistenti (Persistent Organic Pollutants, POPs) sono composti organici tossici difficilmente biodegradabili, che possono accumularsi nei tessuti di esseri umani e animali. Dopo il loro rilascio, si diffondono a livello globale attraverso l’aria, l’acqua e la catena alimentare, provocando danni alla salute umana e all’ambiente anche a grande distanza dalla fonte di emissione. Possono causare tumori, disfunzioni ormonali o compromettere la funzione riproduttiva. Per ridurre l’emissione di queste sostanze si è stabilita la Convenzione di Stoccolma in occasione di un convegno tenutosi dal 22 al 23 maggio 2001 che si riferisce principalmente a 12 inquinanti principali: aldrin, clordano, dicloro difenil tricloroetano, dieldrin, endrin, eptacloro, mirex, toxafene, esaclorofene e 3 classi di composti: policlorobifenili (PCB), policlorodibenzodiossine (PCDD o più comunemente detta diossina), policlorodibenzofurani (PCDF).

Tra le 3 classi di composti considerati POPs si trovano i policlorodibenzofurani (PCDF) nei quali si identificano i furani o ossidi di divinilene.

I furani sono dei composti organici eterociclici aromatici, ottenibili attraverso sintesi e distillazione del legno. Si presentano sotto forma di liquido chiaro e incolore, molto volatile ed altamente infiammabile, con un punto di ebollizione vicino alla temperatura ambiente. È tossico e potrebbe essere cancerogeno. Inizialmente rappresentava un problema solo per chi lavorava con il legname, in quanto il rischio era quello di respirarlo e causare problemi respiratori anche gravi. Oggi sappiamo che può formarsi anche in alcuni processi produttivi alimentari e quindi può rimanere all’interno degli alimenti. Il problema per la sicurezza alimentare è iniziato solo nel 2004 quando l’FDA, la Food and Drug Admininstration ha cercato il furano in alcuni alimenti, scoprendo che si tratta di un composto che si può legare al DNA cellulare creando dei danni anche gravi. Ad oggi, però, gli studi computi sono stati effettuati solamente sugli animali, quindi non è mai stato sperimentato il furano sugli uomini e non può essere ancora definito cancerogeno per l’uomo, si parla infatti di “potenzialmente cancerogeno”.

Si forma essenzialmente come contaminante durante i processi di preparazione degli alimenti, in particolar modo nella cottura. I prodotti che sono soggetti alla formazione di furano sono soprattutto quelli vegetali, i cereali e, più di tutti, il caffè che è l’alimento più a rischio ma comunque non pericoloso, durante la torrefazione: le capsule contengono quasi il doppio di furano (250 nanogrammi per millilitro) rispetto alla normale polvere di caffè (circa 120 nanogrammi per millimetro) ma con il limite che è stato attualmente stimato come pericoloso per la salute (2 microgrammi per chilo di peso corporeo, o 2.000 nanogrammi) si dovrebbero assumere circa 20 caffè al giorno per superarlo.

L’EFSA (European Food Safety Authority) ha effettuato una valutazione sui potenziali rischi a cui potrebbero essere esposti gli uomini, dopo aver eseguito un monitoraggio dei livelli di furano negli alimenti e aver valutato l’esposizione dei consumatori. La dott.ssa Helle Knutsen, presidente del gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare, ha dichiarato: “Sulla base di studi su animali abbiamo concluso che i danni al fegato e il cancro al fegato sono gli effetti più gravi sulla salute”.

La dott.ssa Knutsen ha poi aggiunto: “In che modo il furano possa causare il cancro negli animali non è ben chiaro. Dal momento che il gruppo di esperti non poteva escludere che ciò potrebbe essere dovuto a una diretta interazione con il DNA, non siamo stati in grado di fissare un limite di sicurezza, la cosiddetta dose giornaliera tollerabile. Abbiamo invece calcolato un ‘margine di esposizione’.”

Risulta quindi necessario prendere alcune precauzioni per prevenire eventuali problematiche, proprio per questo EFSA raccomanda che, per ridurre l’incertezza circa le stime di esposizione effettiva al furano, è utile confrontare cibi per i quali sono disponibili risultati carenti, e verificare le differenze sul singolo prodotto tra la quantità di furano nel prodotto comprato e quella sul prodotto cucinato.

Viviana Basile IV D BA

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