sabato, Aprile 20, 2024
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TRUMP O CLINTON? HO VISSUTO NEL WISCONSIN LA CAMPAGNA ELETTORALE

Sono trascorsi alcuni giorni dal fatidico 9 novembre, giorno in cui si è verificato ciò che nessuno aveva pronosticato.

Donald Trump è stato eletto 45esimo presidente della più potente nazione al mondo, alla quale abbiamo guardato come faro della democrazia e della libertà. La vittoria è ancora più schiacciante perché ai Repubblicani è andato il controllo sia della camera che del senato e quindi il magnate avrà la possibilità di attuare la sua politica con un largo consenso.  Molti opinionisti si stanno cimentando nel comprendere cosa sia mancato alla Clinton per diventare la prima donna presidente dagli Stati Uniti d’America.  I voti degli afroamericani, delle donne, dei Millennials e dei latinos? L’incapacità di parlare alla classe media della “pancia” dell’America, il Midwest, alle prese con una grave crisi economica e occupazionale che ha determinato la chiusura di molte aziende che hanno delocalizzato la propria produzione in paesi con una maggiore convenienza produttiva. Proprio a questi, Trump ha promesso un forte aumento dei dazi doganali sulle importazioni dall’estero per disincentivare la fuga della produzione industriale.

In questi giorni negli Usa ci sono manifestazioni contro l’elezione di Trump alla Casa Bianca. Forse anche loro iniziano a comprendere che è stato eletto un candidato e hanno dato il controllo del paese ad uno schieramento politico e ad un partito, quello repubblicano, che vuole dare agevolazioni fiscali ai miliardari, che percentualmente pagano meno tasse degli operai, che vuole tagliare i programmi di assistenza ai lavoratori, che vuole tagliare la previdenza sociale, l’assistenza medica e sanitaria. La stragrande maggioranza dei senatori non crede alla realtà del cambiamento climatico e quindi propone politiche che abbandonino la green economy per riproporre l’utilizzo di combustibili fossili, prima causa del surriscaldamento del pianeta, trascurando che il 2016 sarà l’anno più caldo della storia.

Ma al di là di tutti i possibili motivi di una elezione che ha scioccato l’opinione pubblica mondiale, Trump è stato eletto democraticamente L’hanno scelto e la democrazia non si discute. Il giorno dopo il voto su Brexit, i britannici hanno detto: “ci siamo sbagliati, non avevamo capito” e le manifestazioni odierne negli Stati Uniti forse testimoniano questa frustrazione. È necessario leggere attentamente le dinamiche socioeconomiche e comprendere quali siano le cause che stanno portando grandi masse di popolazioni nel mondo occidentale a fare scelte protezionistiche come quelle di alzare muri.

Si stanno verificando dei cambiamenti epocali, risultati di una insicurezza che serpeggia tra la gente e di cui i mostri sono: la crisi economica, la paura dell’immigrato, l’insicurezza sociale, la difficile gestione del boom informatico che porta ad un appiattimento del pensiero critico. Umberto Eco fautore della rivoluzione democratica di Internet negli ultimi anni diceva che c’é un forte rischio nella “rete” ed è quello che tutti possano postare una opinione, pure gli “imbecilli”.

“Prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”

Ho seguito molto attentamente questa campagna elettorale, iniziata lo scorso anno e conclusasi con l’elezione di Trump.  Ho seguito i dibattiti, le news ed è difficile comprendere come tutto questo sia potuto accadere.

Da una osservazione sui flussi dei voti riferiti alle varie zone del paese, anche se non è così schiacciante la vittoria in termini di voti totali, anzi la Clinton ha avuto più voti di Trump, emerge che coloro che lo hanno votato sono persone che detengono titoli di studio che non superano la scuola superiore. Dalla mia esperienza americana effettivamente ho notato, vivendo nel Wisconsin, dove Trump ha ribaltato il voto delle precedenti presidenziali, uno stato considerato in bilico tra i due schieramenti e che grande peso ha avuto nella sua elezione, che effettivamente il livello di istruzione faceva pendere la scelta tra uno o l’altro candidato. È l’opinione, ovviamente senza valore scientifico (ma dopo la clamorosa vittoria di Trump sono scientifici i calcoli statistici dei sondaggisti?), che mi sono fatta chiedendo alla mia famiglia ospitante e ai miei insegnanti il parere riguardo ai candidati.

Sarà stato un caso ma nella famiglia di origine del mio padre americano dove nessuno aveva frequentato il collage, si propendeva strenuamente per Trump, considerato l’unico in grado di imprimere una svolta al paese. Governarlo veniva paragonato all’amministrare un’azienda e poiché Trump non viene dalla politica ma è un grande imprenditore, avrebbe potuto svolgere questo ruolo al meglio. Nella famiglia di origine della mia mamma americana, in cui la stragrande maggioranza dei componenti si era laureata, Trump veniva visto come una minaccia, non piaceva molto nemmeno Hillary Clinton, ma ravvisavano in lei il male minore.

Nei dibattiti che ho seguito nelle reti satellitari, Mr. Trump non riusciva a rispondere alle domande che gli venivano poste, l’unico argomento, che ben conosceva, era quello di screditare l’altro candidato o i membri della sua famiglia, attraverso affermazioni populiste di chiaro stampo razzista, sessista e omofobo. Pensieri e concetti semplici ma che colpivano profondamente e influenzavano l’opinione di chi si è nutrito di pane e soap opera. Non voglio scimmiottare e ingrossare la schiera dei radical chic di certi ambienti culturali d’élite ma al giorno d’oggi la vera rivoluzione sta nel promuovere la capacità di pensare, di sviluppare dei concetti frutto della complessità dell’esperienza, certamente non solo accademica, ma che permetta di espandere e strutturare il pensiero critico. L’essere veramente progressista, vedere nel futuro non dei limiti ma un’opportunità di crescita, sta nel superamento dell’appiattimento culturale, frutto di una conoscenza effimera, figlia della televisione prima e del computer senza un’etica dopo.

 

ALICE MINNITI V E BS

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