venerdì, Aprile 19, 2024
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Bisfenolo A: una sostanza che assumiamo accidentalmente

L’era della globalizzazione e del consumismo ci ha inculcato delle abitudini dalle quali difficilmente riusciamo a distaccarci. Ci fa comodo utilizzare posate, piatti, bicchieri di plastica “usa e getta” per non avere molte stoviglie da lavare, contenitori di plastica per conservare alimenti, tanto sono leggeri, facilmente lavabili e infrangibili. Le industrie alimentari confezionano cibi che magari consumiamo quotidianamente in imballaggi di plastica, rivestono le lattine metalliche con film plastici per isolare il metallo dall’alimento. Ma, tutta questa plastica, oltre a aumentare la massa dei rifiuti, è sicura? Rilascia agli alimenti sostanze che ingerite, possono apportare danni all’organismo umano? La risposta che ci aspetteremmo è no. Purtroppo, molti studi dimostrano il contrario. Le confezioni, i contenitori e tutto quello che viene a contatto con un alimento, rilasciano tracce di materiale da cui sono composti.

 

La quantità di sostanza rilasciata dipende da molti fattori, pH degli alimenti, temperatura, irraggiamento solare, ecc. Molte plastiche utilizzate per contenere alimenti, compresi i film per rivestire le lattine metalliche sono preparate utilizzando il bisfenolo A, fondamentale nella sintesi di diversi tipi di plastica. Annualmente si producono da due a tre milioni di tonnellate di bisfenolo A.

Il bisfenolo A (BPA) è un composto organico formato da due fenoli entrambi legati in posizione 2 a un gruppo propilico.

 

Bisfenolo A [2,2-bis(4-idrossifenil)propano]. Solido cristallino pulverulento, di colore bianco, Fonde a 158°C. La sua solubilità in acqua oscilla tra 120 e 300 mg/l a 21,5°C.

Simboli di rischio chimico per il BPA

 

Il bisfenolo A è conosciuto da parecchio tempo. Fu sintetizzato per la prima volta dal chimico russo Alexander Pavlovich Dianin nel 1891 studiando i derivati del fenolo.

 

Si sintetizza facendo reagire acetone e fenolo, funge da catalizzatore un acido minerale forte, HCl, e da co-catalizzatore il metantiolo (CH3SH).

Utilizzato nel 1936 come ormone sintetico, fu sostituito dal distilbene dotato di un maggiore potere estrogenico. Il BPA fu recuperato da altre aziende per la sua versatilità nella sintesi polimerica e utilizzato per la realizzazione di materie plastiche.

Fin dagli anni trenta era sospettato di essere dannoso per l’uomo. Questi sospetti hanno avuto risalto nel 2008, quando, dopo studi effettuati sulla sicurezza del BPA, alcuni venditori di materiali plastici hanno ritirato dal mercato i prodotti che lo contenevano. Una relazione della Food and Drug Administration (FDA), attribuiva a questa sostanza, malattie dello sviluppo sessuale maschile, già nel feto, e diminuzione della fertilità nell’uomo adulto. Nel 2013, la stessa FDA, con una nuova pubblicazione, ha ridimensionato la precedente notizia. In questa pubblicazione si evidenziava che il BPA, data la sua bassa concentrazione in alcuni cibi, non destava preoccupazioni, perciò i cibi erano da ritenersi sicuri. Tale affermazione era confermata in una successiva pubblicazione, luglio 2014, nella quale si scriveva che l’opinione espressa era basata su diverse ricerche.

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (European Food Safety Authority-EFSA), dal 2008 e fino al 2015, ha eseguito diverse revisioni delle informazioni scientifiche disponibili sul bisfenolo A. In queste revisioni gli esperti dell’EFSA ritengono che i livelli di concentrazione di BPA cui si è esposti siano sicuri, però, essendoci delle incertezze sia necessario approfondire le conoscenze sulla sostanza in questione.

Nel dicembre dello scorso anno, il gruppo di esperti dell’EFSA sui materiali che sono a contatto con gli alimenti e i relativi additivi e aromatizzanti, ha adottato un protocollo scientifico per la valutazione dei rischi da BPA, programmata per l’inizio del 2018. I lavori si sono conclusi e pochi giorni addietro la Commissione Europea ha pubblicato il nuovo regolamento per la riduzione dell’esposizione al BPA nei materiali a contatto con gli alimenti. Con questo nuovo regolamento si fa divieto di utilizzo del BPA nella produzione di biberon, tazze e bottiglie per lattanti, in imballaggi e rivestimenti per alimenti della prima infanzia. Si limita anche il suo utilizzo nella produzione di vernici e rivestimenti per contenitori metallici, e si diminuisce la concentrazione di migrazione in un alimento a 0,05 mg/Kg (precedente limite: 0,6 mg/Kg).

L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (European Chemicals Agency – ECHA) ha dichiarato il BPA “perturbatore endocrino”, pertanto sono attribuiti a questa sostanza, gravi rischi per la salute umana. La dichiarazione dell’ECHA è giunta dopo che la Francia, nel 2015, aveva bandito l’utilizzo del BPA per la produzione d’imballaggi per gli alimenti. Questa dichiarazione è in contrasto con quella dell’EFSA, sempre del 2015, prima citata. L’ECHA non ha alcun potere decisionale in merito, dovrà essere la Commissione Europea a valutare quanto dettato dall’ECHA o dall’EFSA ed emanare un’apposita direttiva.

Svariati sono gli utilizzi del BPA. Da più di cinquanta anni è usato per la produzione di plastiche, nella sintesi di poliestere, polisulfonati, chetoni polieteri, in alcuni plastificanti è impiegato come antiossidante e come inibitore della sintesi del polivinil cloruro (PVC).

È uno dei monomeri principali utilizzato nella produzione di policarbonato, plastica infrangibile usata in molti prodotti per bambini, dispositivi medici e odontoiatrici (otturazioni dentarie), caschi di protezione e attrezzature sportive, elettrodomestici, lenti per occhiali, contenitori di plastica duri che resistono alle temperature dei forni a microonde e in tutte le plastiche che devono avere caratteristiche di durezza e resistenza. Il BPA è utilizzato anche nella formulazione delle resine epossidiche con le quali si rivestono internamente lattine per alimenti e bevande. È utilizzato nei ritardanti di fiamma e un suo derivato, il tetrabromobisfenolo A, è impiegato come fungicida anticrittogamico.

Come possiamo riconoscere di quale tipo di plastica è fabbricato un contenitore? Secondo la codifica europea (direttiva europea 94/62/CE) le classi di plastiche utilizzate per gli imballaggi sono sette. A ogni classe corrisponde un codice di riciclaggio, come indicato nella tabella:

№ 1 PET o PETE Polietilene tereftalato o arnite: bottiglie di acqua, bottiglie di bibite, flaconi di shampoo…
№ 2 PE-HD o HDPE Polietilene ad alta densità: flaconi, sacchetti…
№ 3 PVC o V Cloruro di polivinile: contenitori per alimenti…
№ 4 LDPE o PE-LD Polietilene a bassa densità: sacchetti cibi surgelati, pellicola per alimenti…
№ 5 PP Polipropilene o Moplen: bottiglie di ketchup, buste della pasta…
№ 6 PS Polistirene o Polistirolo: piatti, bicchieri e posate monouso, grucce appendiabiti, vaschette e imballaggi di elettrodomestici…
№ 7 OTHER o O Tutti gli altri materiali di Plastica

Le plastiche appartenenti alle classi 3 e 7 possono contenere BPA. Quelle appartenenti alle classi 2, 4, 5 e 6 non lo contengono perché non utilizzato nei processi di polimerizzazione.

Il BPA è contenuto anche nella carta termica utilizzata per gli scontrini di bilance e registratori di cassa.

La sua presenza è stata riscontrata nelle polveri domestiche ma l’esposizione principale per l’uomo avviene attraverso gli alimenti. La sostanza ha la capacità di migrare dalla plastica o dalla vernice epossidica e penetrare nel cibo con cui è a contatto. La migrazione avviene perché il legame chimico tra le molecole di BPA e i polimeri è instabile. Il calore aumenta l’instabilità del legame fin quando non avviene la rottura, a questo punto la sostanza è libera e migra dentro l’alimento.

 

Ma quali effetti provoca il BPA nell’organismo umano? Il bisfenolo A è una molecola in grado di interferire con il sistema endocrino perché imita gli ormoni estrogeni e va a sostituirsi ad essi provocando diverse patologie, anche a dosi infinitesimali che sono ben di sotto alla DGA stabilita [nel 2006 è stata fissata la DGA a 0,05 mg (50 μg) per Kg di peso corporeo].

Nell’aprile 2010, al Congresso Internazionale “Interferenti Endocrini: endometriosi e Infertilità”, svoltosi a Roma, organizzato dalla Fondazione Italiana Endometriosi Onlus (FIE) presieduta dal Prof. Pietro Giulio Signorile, è stata presentata la scoperta proprio del prof. Signorile che indica il “bisfenolo A” tra i principali fattori scatenanti dell’endometriosi. Nel 2013 Wolfgang Liedtke, M.D., PhD, professore associato di medicina e neurobiologia a Duke University, ha annunciato che lo studio ha rilevato che il BPA può portare squilibri allo sviluppo del sistema nervoso centrale,

adducendo diversi problemi e patologie: dai problemi comportamentali a quelli ormonali e quelli riproduttivi, il cancro, l’obesità e problemi del sistema immunitario come le malattie autoimmuni di cui si sente sempre più parlare.

Nel 2014, due studi di Menard e altri, che hanno somministrato il bisfenolo A prima e dopo la nascita 5 μg di BPA per Kg/PC/die, indicano l’insorgenza di intolleranze alimentari e una minore resistenza immunitaria a infezioni parassitarie nei ratti trattati.

Diversi studi eseguiti su cavie di laboratorio, utilizzando dosi di BPA in parti per miliardo, dimostrano l’insorgenza di tumori negli organi riproduttivi e nelle mammelle, nonché l’insorgenza dell’infertilità dei soggetti maschi.

Continuando con quest’andamento la situazione continuerà ad aggravarsi perché aumenteranno le patologie descritte precedentemente e un crescente numero di giovani coppie dovrà ricorrere alla fecondazione assistita per concepire un bambino.

Cosa bisogna fare per evitare di assumere queste piccole dosi di bisfenolo A? Il consiglio è di utilizzare meno possibile tutti quei materiali, precedentemente menzionati, per conservare o, addirittura, riscaldare alimenti. Non usarli con alimenti grassi o acidi. Non consumare bibite e altri alimenti confezionati in lattine metalliche. Maneggiare il meno possibile gli scontrini in carta termica e non darli ai bambini.

Le agenzie di ordinamento, EFSA in Europa e FDA negli USA, invece di ripetere che i residui di BPA presenti nel nostro corpo sono trascurabili perché sono ben di sotto alla dose giornaliera accettabile, dovrebbero valutare attentamente gli studi scientifici che dimostrano l’esatto contrario e suggerire ai governi di emanare una normativa che possa difendere la salute di tutti.

 

 

Rosario Saccà

 

Riferimenti: Marie Monique Robin “Il veleno nel piatto” Feltrinelli; Wikipedia; www.efsa.europa.eu/it/press/news/161013; http://www.ilfattoalimentare.it/bisfenolo-a-restrizioni-materiali-cibo.html; http://www.ilfattoalimentare.it/bisfenolo-a-parere-echa.html.

 

 

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