giovedì, Aprile 18, 2024
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Diritti dell’Infanzia

“Nel 2019 si celebra il 30esimo anniversario della ratifica della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza e il 70esimo anniversario della Convenzione di Ginevra, ma oggi, un maggior numero di Paesi è coinvolto in conflitti interni o internazionali in maniera più incisiva rispetto agli ultimi 30 anni. I bambini che vivono in situazioni di conflitto sono fra coloro che hanno meno probabilità di avere i loro diritti garantiti. “Gli attacchi contro i bambini devono finire”, così afferma Manuel Fontaine, Direttore dei Programmi di Emergenza dell’UNICEF mentre si sta concludendo un anno davvero tragico per il perdurare di tensioni e guerre con ripercussioni nefaste sui piccoli che vivono nelle regioni coinvolte. In Siria, tra gennaio e settembre, le Nazioni Unite hanno denunciato l’uccisione di 870 bambini – numero abbastanza elevato da quando il conflitto è scoppiato nel 2011.

Gli attacchi sono continuati per tutto l’anno, a novembre 30 bambini sono stati uccisi nel villaggio orientale di Al Shafa. In Yemen le Nazioni Unite hanno verificato l’uccisione o il ferimento in attacchi di 1.427 bambini, compreso un attacco ‘inconcepibile’ su uno scuolabus a Sa’ada. Scuole e ospedali sono stati oggetto di frequenti incursioni o sono stati usati per scopi militari, negando ai bambini l’accesso al loro diritto all’istruzione e all’assistenza sanitaria. Questo sta ulteriormente alimentando una crisi in un paese in cui ogni 10 minuti un bambino muore a causa di malattie prevenibili e 400.000 bambini soffrono di malnutrizione acuta grave. In AFGHANISTAN, le violenze e i massacri sono stati avvenimenti quotidiani con circa 5.000 bambini uccisi o feriti nei primi 9 mesi del 2018, pari al totale del 2017.

Nella REPUBBLICA CENTROAFRICANA, una drammatica ripresa dei conflitti ha coinvolto gran parte del paese con 2 bambini su 3 che hanno bisogno di assistenza umanitaria. Nella REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO la violenza interetnica e gli scontri tra forze di sicurezza e gruppi armati/milizie nella regione del Grande Kasai e nelle province orientali del Tanganica, del Kivu meridionale, del Nord Kivu e dell’Ituri hanno avuto un impatto devastante sui bambini. I bambini e le famiglie che ritornano alle loro case in zone precedentemente colpite da pesanti violenze continuano ad essere esposti al pericolo di ordigni inesplosi. Migliaia di famiglie hanno abbandonato le loro abitazioni e si trovano a dover affrontare ulteriori minacce a causa di temperature invernali gelide e inondazioni improvvise. Nel BACINO DEL LAGO CIAD, il conflitto in corso, gli sfollamenti e gli attacchi sulle scuole, contro gli insegnati e le altre strutture scolastiche hanno messo a rischio l’istruzione per 3,5 milioni di bambini. Oggi, nel nordest della Nigeria, nella Regione del Lago Ciad, nell’estremo nord del Camerun e nella regione di Diffa in Niger, almeno 1.041 scuole sono chiuse o non funzionano a causa di violenza, paura di attacchi o disordini che coinvolgono circa 445.000 bambini. Una recente ondata di violenza nella regione di confine tra MALI, BURKINA FASO E NIGER ha causato la chiusura di 1.478 scuole. In MYANMAR, le Nazioni Unite continuano a ricevere notizie di violazioni dei diritti dei Rohingya rimasti nel nord dello Stato di Rakhine, che riguardano accuse di omicidi, scomparse e arresti arbitrari. Mentre la promessa di un nuovo accordo di pace offre un barlume di speranza per i bambini, continuano le segnalazioni di estrema violenza; la più recente a Bentiu, dove oltre 150 donne e ragazze hanno raccontato di aver subito terribili aggressioni sessuali. In UCRAINA ORIENTALE, oltre 4 anni di conflitto rappresentano un peso devastante sul sistema scolastico dei bambini, dato che centinaia di scuole sono state distrutte e danneggiate e 700.000 bambini sono costretti a studiare in strutture precarie rese sensibili, per combattimenti improvvisi e per pericoli causati da ordigni di guerra inesplosi. La situazione è particolarmente grave per 400.000 bambini che vivono nel raggio di 20km dalla linea di confine che divide le aree controllate e non controllare dal Governo e dove bombardamenti e forti rischi causati da mine rappresentano una minaccia mortale.

In CAMERUN c’è stata un’escalation del conflitto nelle regioni Nord e Sud occidentali del paese, compromettendo le scuole, gli studenti e gli insegnanti. A novembre, oltre 80 persone, compresi molti bambini, sono stati rapiti da una scuola a Nkwen, nel nord ovest del paese e rilasciati pochi giorni dopo. Ad oggi, 93 villaggi sarebbero stati bruciati parzialmente o totalmente a causa di conflitti, con molti bambini che hanno subito livelli estremi di violenza. Secondo l’UNICEF, il futuro di milioni di bambini che vivono in paesi colpiti da conflitti armati è in aumento. “I bambini che vivono in zone di conflitto negli ultimi 12 mesi hanno continuato a soffrire livelli estremi di violenza e il mondo ha continuato a deluderli,” ha dichiarato Manuel Fontaine, Direttore dei Programmi di Emergenza dell’UNICEF. “Da troppo tempo le parti in conflitto stanno commettendo atrocità con un’impunità quasi totale e tutto questo sta solo peggiorando. Molto di più può e deve essere fatto per proteggere e dare assistenza ai bambini.” I bambini che vivono nei paesi in guerra sono sotto diretto attacco, utilizzati come scudi umani, uccisi, feriti o reclutati per combattere. Stupro, matrimoni forzati e rapimento sono diventati la normalità nelle tattiche di conflitto dalla Siria allo Yemen, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Nigeria, al Sud Sudan, al Myanmar.

L’UNICEF chiede alle parti in conflitto di rispettare i loro obblighi secondo il diritto internazionale e di porre fine immediatamente alle violazioni contri i bambini e all’utilizzo di obiettivi come infrastrutture civili, scuole, ospedali ecc.. L’UNICEF chiede anche agli stati che hanno un’influenza sulle parti in conflitto di utilizzare il loro potere a difesa dei minori. In tutti questi paesi, l’UNICEF lavora con i suoi partner per fornire ai bambini più vulnerabili servizi sanitari per la nutrizione, l’istruzione e la protezione. Per esempio, ad ottobre, l’UNICEF ha contribuito al rilascio di 833 bambini reclutati in conflitti armati nel nordest della Nigeria e sta lavorando perché questi bambini siano reintegrati nelle loro comunità. In Iraq, l’UNICEF sta lavorando con i suoi partner per fornire servizi specialistici alle donne e ai bambini colpiti da violenza di ogni genere.

Credo che tutto ciò non abbia senso… che senso ha prendere dei bambini, strapparli alle loro famiglie ed addestrarli per farne degli scudi umani? Che senso ha chiudere scuole? Perché costringerli a combattere contro la loro volontà? Spero che tutte le associazioni pacifiste, tutte le nazioni che vanno contro questo tipo di violenze, possano contrastare questi terroristi e salvare tutti coloro che vengono “schiavizzati”.

Gabriele Russo

I.C. “E. Vittorini”

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