mercoledì, Aprile 24, 2024
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ESSERE O NON ESSERE AUTENTICI

Tutti, prima o poi, siamo arrivati ad un certo punto della nostra vita a sentire necessariamente il bisogno di fare un quadro di noi stessi, arrivare a capire, tramite determinati gesti o avvenimenti, la nostra stessa persona. Tutti, almeno una volta, abbiamo detto o pensato che è impossibile conoscere sé stessi ma, a volte, pensando, affiorano alla nostra mente i lati del nostro carattere assopiti per tanto tempo; a volte, per esigenze di vita comune, di diversità di ambiente, si è indotti a celare quegli aspetti del nostro essere che la vita sociale che viviamo egoisticamente condanna. Quando nel proprio ambiente si è costretti a fare o dire quello che la gente vuole vedere o ascoltare, si arriva a modellare, almeno in apparenza, il proprio carattere seguendo il modello ufficialmente sociale.

Ci sono diversi tipi di reazione, è vero, ma si diventa ugualmente succubi. Chi, ad esempio, non ha mai indossato una maschera quando sta con gli altri? Siamo tutti sinceri e ci comportiamo sempre, in ogni istante della giornata, come vorremmo davvero?  Sembra che la vita abbia le solite mille sfaccettature per tutti i tipi, dal pessimista che compie uno sforzo tremendo che si ripete ogni mattina al momento di scendere dal letto, all’ottimista che ricerca instancabilmente “quel certo non so che” per vivere al meglio la vita, al disperato che crede che la vita sia una truffa e ricerca il motivo per cui viverla.

Siamo tristi e ridiamo alternando il malumore autentico al buonumore farisaico. Il nostro comportamento assume svariati aspetti che si colorano dipendentemente dalle persone che abbiamo accanto. È facile essere allegri con gente sorridente quanto è facile pure diventare tristi o apatici con gente che è piena di paure. Il tipo comune che ci sta attorno si fa un’opinione diversa. Ecco perchè non siamo mai gli stessi agli occhi di tutti.

Comunicare con gli altri è, sicuramente, un’esigenza, ma quanti di noi possono affermare in modo del tutto sincero di far vedere il proprio “io” in ogni istante della propria giornata e con tutti? Spesso ci ritroviamo ad essere soli anche con attorno decine di persone. A volte capita di sentirci scoppiare d’amore per qualcosa o qualcuno e contemporaneamente odiarlo. Se ci capita di avere momenti di felicità non riusciamo ad apprezzarli convinti che i momenti di sconforto e di tristezza siano dietro l’angolo. Desideriamo essere più sereni, di guardare tutto con occhi diversi ma poi abbiamo paura del futuro nella sua infinita, immensa, precaria ed indecifrabile immediata venuta che, con gli occhi del passato, sembra cristallizzarsi nella nostra mente. Ci sentiamo impotenti e non sappiamo trovare un senso alla nostra insoddisfazione. Queste sono, probabilmente, le contraddizioni interne che fanno paura, quelle che distolgono anche il più attento osservatore, quelle che spingono ad un giudizio affrettato ma che si consolida e non dà luogo al cambiamento.

Quanti di noi possono realmente ammettere di essere veramente se stessi? Quanti di noi vorrebbero urlare, mandare al diavolo, scappare e non lo fanno in nome di una sana, buona e vecchia educazione? Siamo sempre sotto l’occhio critico di chi ci sta attorno o accanto. Siamo tutti attenti a professare la nostra sincerità, lealtà, accettazione dell’altro, ma anche pronti ad andar contro al nostro diverso e ovunque abbondano aforismi riguardanti la mancanza di tali sentimenti. Rivolti a chi? Siamo o non siamo davvero sinceri? La sincerità è una cassaforte a tempo e con la combinazione? Diventiamo ciò che la gente vuole vedere e rimaniamo ancorati all’immagine per comodità o paura.  Siamo davvero reali o siamo il riflesso di uno specchio sociale?

E allora ognuno di noi si chieda: “Cos’è più importante per il me autentico?”

Marina Piperissa

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