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NEI PROBLEMI DELL’ITALIA UNITA (1861) I PROBLEMI DELL’ITALIA DI OGGI

L’unificazione d’Italia si realizzò il 17 marzo del 1861. Fu scelta questa data perché quel giorno si riunì a Torino il primo parlamento dell’Italia Unita nel Palazzo Carignano.

Il Regno d’Italia presentava gravi problemi:

profonde differenze tra le varie regioni, con monete, lingue e amministrazioni diverse;

  • difficoltà di collegamento poiché le strade erano poche e in cattive condizioni. Le ferrovie, là dove c’erano, si fermavano ai confini dei vecchi stati senza allacciarsi ad altri tronchi ferroviari. Regioni e province infatti reclamavano la costruzione di linee ferroviarie, porti e strade;
  • il sistema scolastico era privato e gestito da ecclesiastici; solo nel regno di Sardegna e in Lombardia era stata istituita una scuola elementare gratuita e obbligatoria.

Oltre tre quarti della popolazione era analfabeta, e la percentuale saliva al 90% soprattutto al sud e nelle isole. Il dialetto era l’unico strumento di comunicazione e l’italiano era parlato da una ristretta minoranza;

  • profonde differenze economiche, poiché l’industria era presente solo in Lombardia, Piemonte e Liguria, mentre nel resto dell’Italia era quasi assente. L’agricoltura, che era l’attività prevalente, presentava nelle varie zone dell’Italia livelli di sviluppo diversi.

Al nord stavano nascendo aziende agricole moderne per opera di abili imprenditori che investivano nell’agricoltura i loro capitali. Al sud invece erano prevalenti i latifondi, grandi estensioni di terreno agricolo concentrato nelle mani di ricchi proprietari che vivevano in città e non miglioravano la produzione delle loro terre (le condizioni di arretratezza in cui versa oggi l’agricoltura meridionale derivano in parte da tutto ciò).

Il diritto di voto era concesso solo agli uomini dotati di un certo reddito e grado di istruzione (circa il 2%);

  • le condizioni igieniche e sanitarie erano pessime. Le abitazioni erano malsane, la mancanza di acqua potabile e la scarsa igiene portavano alla diffusione di molte malattie contagiose come il colera, il tifo, la malaria e la pellagra dovuta alla mancanza di vitamine, poiché la popolazione mangiava solo alimenti a base di farina di granoturco come la polenta.

Di conseguenza la mortalità era molto alta e la durata media della vita era meno di 40 anni;

  • il servizio militare era obbligatorio e durava anni.

Le forze armate andavano organizzate in un unico esercito, soprattutto in vista di una guerra contro l’Austria per liberare il Veneto e Venezia.

Si trattava di un provvedimento necessario che soprattutto al sud creò immensi disagi perché i giovani chiamati alle armi, non potendo lavorare, rendevano ancora più misere le condizioni di molte famiglie di contadini;

  • il completamento dell’Unità, poiché mancavano Roma (Stato Pontificio), Trento e Trieste (dominio austriaco).

Gli elettori che erano nobili proprietari terrieri, imprenditori, medici, notai, ufficiali dell’esercito e funzionari pubblici erano meno del 2% della popolazione.

Il nuovo Stato quindi nasceva escludendo dalla vita politica la stragrande maggioranza dei cittadini italiani e prendendo al suo servizio solo piemontesi e toscani che avevano studiato nella scuola di Cavour, e che già avevano una esperienza politica. Si accentuava sempre il già forte divario tra Nord e Sud del Paese, divario che, ancora oggi, si manifesta in diverse situazioni della vita socio-culturale del nostro Paese.

I loro voti andavano di preferenza a deputati di tendenza liberare moderata, il cui gruppo politico era chiamato Destra, poiché in parlamento sedevano a destra della presidenza.

I punti che la Destra proponeva erano:

  • l’applicazione della legislazione piemontese a tutte le regioni d’Italia per accelerare il processo di unificazione;
  • un sistema amministrativo centralizzato e uniforme su tutto il territorio.

Nel primo parlamento italiano la Destra ottenne l’80% dei seggi. Essa governò il paese fino al 1876.

Il governo della Destra dovette decidere quale forma di Stato dare all’Italia: federale o centralizzato. La maggioranza scelse la soluzione centralizzata che prevedeva:

  • l’unificazione dei codici civili e penali;
  • l’adozione del sistema metrico decimale per pesi e misure;
  • l’introduzione di un’unica moneta, la lira;
  • l’abolizione dei dazi doganali e la formazione di un mercato nazionale unico.

A tutto lo stato venne esteso lo Statuto Albertino. L’Italia fu divisa in province che erano governate da prefetti, i quali erano nominati dal ministro dell’interno, che inoltre sceglieva i sindaci dei vari comuni.

Un altro grave problema era la “Questione Meridionale”. Già prima dell’unità c’era un enorme divario tra nord e sud, con l’unità le condizioni economiche e sociali al sud peggiorarono. Molti contadini speravano che lo Stato distribuisse le terre in modo più equo, ma ciò non avvenne e il governo introdusse nuove tasse. Molti contadini, esasperati, si ribellarono. Nacque un gravissimo fenomeno di rivolta popolare noto come “brigantaggio”.

Il brigantaggio era un fenomeno dalle origini antiche, in cui si esprimeva la protesta delle classi più povere contro i potenti che li opprimevano. Il nuovo Stato considerò il brigantaggio come un movimento contrario all’unità d’Italia, non seppe capire che le vere cause erano invece la miseria, la fame, il disperato bisogno di terra dei contadini. Lo Stato si limitò ad inviare l’esercito per reprimere la rivolta. Il brigantaggio fu stroncato dopo una lotta durata 5 anni, che provocò tantissimi morti.

Il Regno d’Italia aveva ereditato un debito pubblico di 2.374 milioni di lire, contratto dal regno di Sardegna per aver finanziato le guerre d’indipendenza e quelle degli stati preunitari. Il ministro delle finanze Quintino Sella per estinguere questo debito, oltre a ridurre le spese e aumentare le entrate dello Stato, introdusse l’imposta sul macinato. Essa colpiva principalmente i ceti poveri che si nutrivano soprattutto di pane, pasta e polenta.

Questa tassa fu odiata e sollevò proteste fra la popolazione, tuttavia permise al governo di pareggiare il bilancio dello Stato nel 1876.

Il 20% dei parlamentari era costituito da democratici, mazziniani e repubblicani. Il loro gruppo politico era chiamato Sinistra, poiché sedevano a sinistra della presidenza.

Il programma di sinistra prevedeva:

  • un’amministrazione autonoma per le diverse regioni;
  • il superamento delle differenze tra le varie regioni;
  • l’estensione del diritto al voto.

Nelle elezioni del 1876, la sinistra moderata conquistò la maggioranza in parlamento.

Agostino Depretis che ne era un autorevole esponente, in campagna elettorale aveva proposto:

  • nuove leggi a favore delle classi più povere, dei bambini e donne che lavoravano nell’industria e agricoltura;
  • la scuola elementare obbligatoria per ridurre l’analfabetismo;
  • l’estensione del diritto di voto;
  • la cura delle malattie più diffuse.

Depretis, divenuto Presidente del Consiglio, una volta al governo, riuscì a realizzare gran parte del suo programma. Riuscì ad abolire la tassa sul macinato, il diritto al voto fu esteso a oltre due milioni di persone, molte malattie scomparvero, furono creati asili d’infanzia, scuole serali per coloro che avevano handicap.

La matrice ideologica del raggruppamento era liberale- progressista.

Depretis formò un governo che, oltre all’appoggio della sinistra, si reggeva anche sull’appoggio di una parte della destra.

Nonostante tutto ciò, le cose in Italia peggiorarono, poiché i parlamentari curavano solo i loro interessi e cambiavano la propria posizione a seconda della convenienza (politica del trasformismo)

Ciò favorì la corruzione: alcuni deputati prendevano denaro o accettavano altri benefici in cambio di favori a industriali o finanzieri. Malgrado questa situazione, il governo di sinistra ebbe altri meriti: nel 1888 creò a favore degli operai la “Cassa Nazionale per gli Infortuni sul Lavoro”; la “Cassa Nazionale per la Vecchiaia e Invalidità” e la “Cassa Nazionale per la Maternità”.

Queste furono conquiste importanti tanto attese da tempo dalle organizzazioni operaie.

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Alessia Torre III B

IC BASTIANO GENOVESE

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