venerdì, Aprile 19, 2024
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Realtà, credenza o superstizione? Le tradizioni del 2 novembre

Il 2 novembre si celebra la commemorazione dei defunti. Essa appartiene alle tradizioni della Chiesa Latina e segue la festa di Ognissanti.

La ricorrenza è preceduta da un tempo di preparazione e di preghiera che inizia addirittura il 24 ottobre. Alla commemorazione è connessa la possibilità di acquistare un’indulgenza secondo le indicazioni della Chiesa Cattolica. In Italia molti lo considerano un giorno festivo ma non è mai stata ufficialmente istituita come festa civile.

Nelle celebrazioni di questa giornata il colore liturgico è il viola, simbolo di penitenza, attesa e dolore, utilizzato anche nei funerali. Nella forma straordinaria del rito romano, quando il 2 novembre cade di domenica, la festa viene celebrata il giorno successivo, lunedì 3 novembre. Nella forma ordinaria invece si celebra il 2 novembre stesso.

L’idea di commemorare i defunti nasce dal rito bizantino che celebrava tutti i morti il sabato prima della domenica di sessagesima, ovvero circa 60 giorni prima della Pasqua, in un periodo cioè compreso tra gennaio e febbraio.

Nella Chiesa Latina il rito viene fatto risalire a Sant’Odilone di Cluny nel 998 d.c. Si trattava di un Abate benedettino che stabilì che le campane dell’abbazia fossero suonate dopo i vespri del 1 novembre con rintocchi di carattere funebre. Il giorno dopo l’Eucarestia sarebbe stata celebrata per tutti i defunti. In seguito il rito fu adottato da tutta la Chiesa Cattolica. Chiamata “Anniversarium Omnium Anumarum” apparve ufficialmente nell’Ordo Romanus del XIV secolo fino a portarsi avanti ai giorni nostri con tradizioni talvolta secolari.

Le usanze variano in base alle aree geografiche, infatti etnie, costumi e lingue diverse hanno dato vita a tradizioni accomunate però dalla sacralità di questa giornata. In America Centrale è usuale visitare i cimiteri e addobbare le tombe con fiori e oggetti personali del defunto. In Messico in alcune case si allestisce il cosiddetto “altare dei morti” arricchito da: immagini del defunto, una croce, un arco e l’incenso. Secondo le tradizioni quest’altare favorisce il ritorno dello spirito del deceduto per trovare i propri cari.

Nelle Filippine è usanza visitare le tombe e pronunciare preghiere.

In Italia invece le tradizioni legate a questo giorno commemorativo variano da regione a regione, ma tutte in definitiva si accomunano dalla visita ai cimiteri oltre che alla partecipazione all’eucarestia.

In alcune zone della Lombardia la notte tra l’1 novembre e il 2 novembre molte persone mettono in cucina vasi d’acqua fresca per dissetare i morti. In Friuli si lascia un secchio d’acqua, un po’ di pane e un lume acceso. In Trentino, Piemonte e Valle d’Aosta le campane suonano per richiamare le anime e dentro le case viene lasciata la tavola apparecchiata e un focolare acceso.

Nella provincia di Massa Carrara è la giornata del “ben di morti”, almeno così dicevano gli antichi ovvero si lasciava alla famiglia l’eredità di offrire cibo ai bisognosi. Inoltre i bambini indossavano collane fatte di mele e castagne bollite e i possessori di cantine davano un bicchiere di vino a ognuno.

Nella zona del monte Argantero si cucivano delle grandi tasche nei vestiti dei bambini orfani, in modo che ognuno poteva metterci del denaro o del cibo. Inoltre sulle tombe dei bambini si mettevano delle scarpe perché, secondo i credenti, i piccoli defunti potessero tornare a camminare in mezzo ai vivi.

In Abruzzo esistevano forme simili alle tradizioni anglosassoni della festa di Halloween, infatti si scavavano zucche e vi si poneva una candela all’interno, oltre al tavolo apparecchiato, si lasciavano anche tanti lumini accesi quanti erano i defunti cari.

In molte località italiane si usa preparare dolciumi per celebrare questa giornata. Essi sono comunemente detti “dolci dei morti”. A Treviso ad esempio si preparano delle particolari focacce chiamate “i morti vivi”. In Liguria vengono cucinati i bacilli (fave secche) e i balletti (castagne bollite). In Umbria si preparano gli “stinchetti dei morti”, ovvero dolci a forma di fave. A Roma la tradizione prevedeva che in questa giornata si dovesse tenere compagnia ai morti consumando un pasto accanto alla loro tomba.

In Sicilia ci sono molte forme di commemorazione per questa giornata. Nella Piana degli Albanesi i defunti vengono ricordati secondo la tradizione bizantina qualche settimana prima della Quaresima. Mentre in tutto il resto di questa splendida regione sembra che molti riti siano dedicati ai bambini.

Se si sono comportati bene, la mattina del 2 novembre troveranno sotto i propri letti giocattoli e dolciumi, doni portati appunto dai defunti. Questi dolci particolari sono i cosiddetti “pupi di zuccaro”, ovvero bambole di zucchero e gli “scardellini”, dolci fatti di zucchero e mandorle a forma di ossa dei morti.

Infine si può gustare la frutta martorana, fatta di pasta di mandorle colorata. In questo giorno le vetrine delle pasticcerie e dei bar sono un vero spettacolo per gli occhi e soprattutto per il palato.

Ciò che si coglie da questa commemorazione è che la dimensione del trascendente dell’uomo è indissolubilmente legata alla dimensione terrena. Questo è comune a tutti i popoli sin dall’antichità che inserivano addirittura la morte in una dimensione sacra. Pensiamo alle Sacre Scritture dove il corpo di Gesù è stato investito di sacralità con oli aromatici fino ad oggi a portarsi secondo la tradizione cristiana all’estrema unzione dei malati.

Ma se non vogliamo dare un giudizio religioso pensiamo alla storia dell’antico Egitto, al modo in cui venivano curati i corpi dei morti prima di essere mummificati. Adornati con gli oggetti personali che usavano nella vita terrena e unti con oli e infusi particolari.

La sacralità del corpo e la dimensione trascendente sono esistiti fin dall’inizio dei tempi e si sono evoluti fino a noi con tradizioni per commemorare i defunti, come disse Jorge Louis Borges: “La morte è un’usanza che prima o poi tutti dobbiamo rispettare”.

SILVIA PINO IV E BS

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